Le 10 regole d’oro di Warren Buffett per investire con successo

Scopri le 10 lezioni senza tempo di Warren Buffett per migliorare la tua strategia di investimento. Dalla disciplina alla gestione aziendale, una guida essenziale per ogni investitore.

Introduzione

Negli ultimi tempi è tornato sotto i riflettori il rendimento straordinario del portafoglio di Warren Buffett, nonostante negli anni precedenti fosse stato criticato per la performance inferiore agli indici americani. Ancora una volta, l’Oracolo di Omaha ci dimostra il valore della pazienza e della strategia nel lungo periodo.

Ecco le 10 regole fondamentali che ogni investitore dovrebbe conoscere, direttamente ispirate alla filosofia di uno degli uomini più ricchi e coerenti al mondo.

1. Investi nel lungo termine

Illustrazione delle regole di investimento di Warren Buffett

Oltre il 95% del patrimonio di Buffett è stato generato dopo i 65 anni. Il segreto? Il potere dell’interesse composto. Più a lungo resti investito, migliori saranno i risultati.

2. Mai investire con soldi presi in prestito

Come dice Charlie Munger: “Ci sono solo tre modi in cui una persona intelligente può andare in rovina: alcol, donne e leva finanziaria”.

3. Punta su soluzioni semplici e comprensibili

Le soluzioni noiose, spesso sottovalutate, sono tra i migliori investimenti. Se non comprendi lo strumento, non potrai valutarlo razionalmente.

4. Scegli aziende con una buona gestione

Preferisci società in cui i dirigenti hanno investito personalmente: la loro 'pelle in gioco' è garanzia di allineamento con gli azionisti.

5. La qualità paga sempre

Nel lungo periodo, le azioni seguono il valore intrinseco. Scegli aziende solide, con bilanci sani e utili in crescita.

6. La disciplina è tutto

Ogni strategia può avere periodi di sottoperformance. Scrivi un piano e seguilo con coerenza. L'investimento è una maratona.

7. La volatilità è un’opportunità

Quando i prezzi scendono, non farti prendere dal panico: può essere il momento giusto per comprare a sconto.

8. Cerca aziende che sanno reinvestire

Il reinvestimento dei profitti in modo efficace è la chiave per il compounding. Cerca aziende che crescono organicamente nel tempo.

9. Concentrati sulle tue migliori idee

Non ha senso diversificare troppo. Dai più peso alle tue migliori intuizioni: la diversificazione è un rischio nascosto.

10. Il pricing power è essenziale

Le aziende che possono aumentare i prezzi senza perdere clienti hanno un vantaggio competitivo duraturo. Cerca margini lordi alti e stabili.

Conclusione

Applicare questi principi non ti renderà ricco dall’oggi al domani, ma ti aiuterà a costruire una strategia di investimento solida, consapevole e coerente nel tempo. Warren Buffett non ha mai cercato scorciatoie: ecco perché è un esempio ancora oggi.


La quarta legge del moto di Warren Buffett

𝗡𝗼𝗻 𝘀𝗼 𝗰𝗼𝘀𝗮 𝘀𝘂𝗰𝗰𝗲𝗱𝗲𝗿𝗮̀, 𝗺𝗮 𝘀𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗮𝗯𝗯𝗮𝗻𝗱𝗼𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶𝗮 𝗳𝗶𝗹𝗼𝘀𝗼𝗳𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝗶𝗻𝘃𝗲𝘀𝘁𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗻𝗼𝗻 𝗿𝗶𝘀𝗼𝗹𝘃𝗲𝗿𝗮̀ 𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗯𝗹𝗲𝗺𝗶.

Spesso si pensa che sia la strategia scelta a determinare i risultati, ma ciò che conta davvero è la capacità di attenersi a un piano a lungo termine, qualunque cosa accada sui mercati.

Quando la volatilità aumenta, mi piace ricordare la “quarta legge del moto di Warren Buffett”: Per gli investitori, i rendimenti diminuiscono all’aumentare del movimento.

Meno è meglio, soprattutto nei periodi turbolenti.

Il miglior modo per controllare il rischio è sapere cosa si possiede e perché. Le strategie complesse sono difficili da seguire nei momenti difficili. Capire cosa si ha in portafoglio e la ragione per cui lo si detiene aiuta ad affrontare anche le fasi più dure.

consulenzaQuindi, cosa sappiamo davvero sugli investimenti in azioni?

  • Le azioni sono la migliore asset class per rendimenti superiori all’inflazione sul lungo termine.
  • Sono soggette a grande volatilità.
  • In media, le azioni scendono del 5% due o tre volte l’anno, del 10% una volta ogni anno o due, e del 20% circa ogni 4-5 anni.
  • Il calo medio annuo dell’S&P 500 dal 1928 è stato del -16,3%.

Quest’anno abbiamo visto un calo del -19%. Non è piacevole, ma fa parte del gioco.

Il rischio sui mercati è sempre presente: ciò che cambia è la percezione che ne abbiamo. Ed è proprio questa percezione che rende difficile restare fedeli alla propria strategia quando l’incertezza aumenta.

𝗡𝗼𝗻 𝗰’𝗲̀ 𝗿𝗲𝗻𝗱𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗿𝗶𝘀𝗰𝗵𝗶𝗼. 𝗟’𝘂𝗻𝗶𝗰𝗼 𝗺𝗼𝗱𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝘀𝘂𝗽𝗲𝗿𝗮𝗿𝗲 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗶 𝗺𝗼𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗲̀ 𝗮𝘃𝗲𝗿𝗲 𝗳𝗶𝗱𝘂𝗰𝗶𝗮 𝗻𝗲𝗹 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗿𝗶𝗼 𝗽𝗶𝗮𝗻𝗼.


Mercati in discesa: prendere decisioni intelligenti

I mercati ribassisti comportano un aumento del rischio, ma probabilmente non nel modo in cui puoi pensare.
I bruschi cali dei mercati azionari creano livelli incredibilmente elevati di rischio comportamentale. Le possibilità di prendere decisioni che compromettono i nostri risultati a lungo termine sono incredibilmente alte. Non c'è una risposta facile per affrontare tali meccanismi - sono una sfida per tutti - ma ci sono alcune cose importanti da ricordare.

I cali decisi del mercato sono sempre affiancati da cattive notizie per il futuro

Può sembrare ovvio, ma spesso viene ignorato: i forti cali dei mercati azionari sono dovuti a timori significativi e all'incertezza sul futuro. La causa specifica di questi sarà diversa in ogni occasione.
I mercati non scendono e basta, scendono per un motivo e questo motivo creerà profonda preoccupazione. Questo è il motivo per cui le persone che parlano di aspettare "prezzi migliori" per investire nei mercati azionari probabilmente non lo fanno mai, perché quei prezzi migliori arrivano con cattive notizie, notizie che ci fanno non voler investire. Tutto andrà male durante un mercato ribassista, se non lo facesse non ci saremmo dentro.

Il rischio non è un concetto teorico, ma riguarda il modo in cui ti fa sentire

Vivere attraverso un calo del 30% dei mercati azionari è una situazione completamente diversa rispetto a guardare una perdita teorica sulla carta o peggio sullo smartphone che hai sempre in mano. Sappiamo che le azioni possono scendere molto nel breve termine, ma non capirai mai veramente cosa significhi finché non lo provi. Siamo molto più propensi ad assicurare la nostra casa contro il rischio di alluvione ma solo dopo che si è allagata, ciò contrasta tecnicamente con l'idea di "proteggersi dal rischio". Ciò perchè il rischio spesso diventa reale solo quando lo abbiamo sperimentato. Quando vivi attraverso le turbolenze dei mercati, la propensione al rischio inizierà inevitabilmente a diminuire. I mercati ribassisti hanno un pesante impatto emotivo e possono causare una profonda ansia. Anche gli investitori ben regolati e disciplinati saranno vulnerabili perché più lungo e pronunciato è il ribasso, maggiore è la possibilità che inizi a mettere in discussione i tuoi stessi principi di investimento.
Solo sotto stress riuscirai a comprendere la tua reale tolleranza al rischio.

Mettere in dubbio il tuo approccio d'investimento in un mercato ribassista è sempre una cattiva idea

Spesso sento circolare la voce sui social che sia prudente rivedere il nostro approccio d'investimento durante i bruschi sell-off del mercato azionario. E' la peggior cosa che in questi momenti tu possa fare!
Comprendo l'idea – confermare che siamo ancora a nostro agio con il nostro piano in un contesto di stress sembra sensato – ma dobbiamo stare molto attenti qui. È incredibilmente improbabile che prenderai buone decisioni a lungo termine durante i periodi di grave preoccupazione. Quando proviamo ansia, il nostro corpo vuole che facciamo qualcosa al riguardo: questo di solito significa rimuoverne la causa. L'istinto per natura ci spingerà alla fuga, come fossimo ancora uomini delle caverne alle prese con predatori pronti a mangiarci. Questo è il motivo per cui così tanti investitori si spostano verso la liquidità quando i mercati azionari scendono: allevia la pressione che stiamo avvertendo in questo momento, dandoci l'idea che se il ribasso continui al momento non ci causerà danni. Durante i mercati ribassisti, l'attrattiva di rivedere il tuo approccio d'investimento e trasformarlo in qualcosa che ti faccia sentire a tuo agio sarà incredibilmente forte, ma prendere decisioni sul futuro quando si è sotto pressione raramente è una buona idea.
Hai mai provato a pianificare le vacanze del prossimo anno mentre sei sofferente in volo su un aereo con forti turbolenze?
Probabilmente finirai per scegliere un posto molto vicino a casa, meglio se raggiungibile a piedi o quasi.
La tua ipotesi di default dovrebbe essere che le decisioni prese durante i mercati ribassisti saranno sbagliate. Gli esseri umani sono progettati per fare determinati tipi di scelte sotto stress e poche di queste sono allineate con un buon pensiero di investimento a lungo termine. Questo non significa che non dovrai mai fare nulla, ma che sarà necessaria più cautela del solito. La tentazione di fare scelte che soddisfino il tuo sé attuale a scapito del tuo sé futuro difficilmente ti daranno soddisfazione.

Come comportarsi?

Cerca una figura di riferimento professionale che ti sia da supporto nei momenti di stress aiutandoti a fare scelte giuste. Da esperienze come il recente ribasso, o quello del 2022/23 per non dire il 2020 ogni investitore deve trarne insegnamenti non delusioni. Ogni ribasso può essere un test importante per te sulla tua tolleranza reale al rischio.
I mercati sono irrazionali nel breve termine ma nel medio e lungo premiano sempre chi usa la testa e non l'istinto.
E se ancora stai pensando di "scappare" l'immagine sotto ti dice quanto sarebbe poco intelligente farlo.

Analizzando i mercati globali dal 1900, la durata media dei ribassi è di circa 10 mesi (300 giorni almeno). Perderne SOLO 10 giornitra i migliori dimezzerà i tuoi guadagni, e peggio è aumentando il tuo tempo fuori dal mercato.

I MERCATI SONO PIU' DEMOCRATICI DI QUELLO CHE PENSI: PREMIANO SEMPRE NEL TEMPO PAZIENTI, UMILI E TENACI.


Il mercato oscilla, che fare? NULLA

Se c'è una cosa in cui il mercato azionario è bravo, è renderci irrequieti. Quando i prezzi salgono, ci preoccupiamo di perderci qualcosa. Quando i prezzi scendono, temiamo di perdere tutto. E quando i prezzi non fanno niente, diventiamo impazienti, chiedendoci se dovremmo fare qualcosa per "far lavorare di più i nostri soldi".

Questa oscillazione costante tra paura, avidità e noia crea un disagio e un prurito fastidioso che ci dice che non dovremmo semplicemente sederci e guardare. Che forse dobbiamo agire o intervenire per sentirci in controllo di ciò che sta accadendo.

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Fonte: Edward Jones

Ma l'ironia di tutto questo è che negli investimenti, l'impulso ad agire è spesso proprio ciò che porta a decisioni sbagliate. Il nostro istinto di intervenire e "sistemare" le cose al minimo segno di disagio non è sempre radicato nella logica, ma in qualcosa di molto più antico e profondo dentro di noi.

Gli psicologi chiamano questa tendenza Action Bias, ovvero l'impulso a compiere un'azione anche quando è inutile o, peggio, dannosa. È un riflesso plasmato da migliaia di anni di istinti di sopravvivenza.

Negli ambienti incerti in cui vivevano i nostri antenati, l'esitazione spesso significava pericolo. Se sentivi un fruscio tra i cespugli, era più sicuro supporre che si trattasse di un predatore e scappare piuttosto che restare fermi e rischiare di sbagliarsi.

Ma ciò che un tempo ci teneva in vita può silenziosamente ritorcersi contro di noi nel mondo moderno, in particolar modo negli investimenti, dove il successo è spesso determinato non da quanto si fa, ma da quante azioni inutili si evitano.

Ora, il problema non è che agiamo. È che agiamo senza necessità, spinti dall'emozione e non dalla ragione. Negli investimenti, dove l'inattività è spesso premiata e l'impulsività punita, questo pregiudizio porta a decisioni sbagliate, costi inutili e sottoperformance a lungo termine.

Una delle più chiare illustrazioni di action bias al di fuori degli investimenti proviene da un luogo inaspettato: il calcio. In uno studio del 2007 di Michael Bar-Eli e colleghi, i ricercatori hanno analizzato 286 calci di rigore nei principali campionati e leghe in tutto il mondo.

Hanno scoperto che i portieri avevano maggiori probabilità di salvare la palla restando al centro della porta piuttosto che tuffandosi ai lati. Eppure, i portieri si tuffavano a sinistra o a destra quasi ogni volta. Perché? Perché un gol segnato suscita sensazioni peggiori nel portiere dopo l'inazione (restando al centro) che dopo l'azione (saltando). Sembra che non ci stiano provando. E nessuno vuole dare l'impressione di non provarci, anche quando statisticamente non fare nulla è meglio.

Gli investitori affrontano lo stesso dilemma ogni giorno. Quando i mercati sono volatili, i media urlano e il tuo portafoglio diventa rosso, non fare nulla sembra irresponsabile. Ma molto spesso, non fare nulla è esattamente ciò che richiede un investimento saggio.

Come il pregiudizio dell'azione distrugge i rendimenti degli investitori

Uno degli effetti più dannosi dell'action bias è l'overtrading. La convinzione che il monitoraggio costante, la modifica e il rimescolamento del portafoglio migliorino le performance è profondamente seducente. Eppure, è profondamente falsa. La ricerca accademica lo conferma.

Uno studio fondamentale di Brad Barber e Terrance Odean, pubblicato nel 2000 e intitolato Trading Is Hazardous to Your Wealth, ha esaminato i registri di trading di 66.000 famiglie statunitensi in un periodo di sei anni. Hanno scoperto che i trader più attivi hanno avuto performance significativamente inferiori sia al mercato che ai loro pari meno attivi. In particolare, il trader attivo medio ha avuto performance inferiori del 6,5% annuo rispetto a una semplice strategia buy-and-hold.

Uno studio recente condotto da SEBI in India ha inoltre rivelato che tra l'anno fiscale FY22 e l'anno fiscale FY24, più di un crore di indiani hanno "tentato la fortuna" con il trading di derivati ​​e circa il 93% di questi trader ha registrato una perdita media di 2 lakh di rupie ciascuno, amplificata da costi elevati, come commissioni di intermediazione e tasse.

Ora, una tale sottoperformance non è dovuta alla mancanza di intelligenza o di accesso alle informazioni. È il risultato diretto di un trading eccessivo, ovvero di acquisti e vendite basati su emozioni, previsioni a breve termine o pura abitudine. Ogni trade comporta costi di transazione, tasse e, cosa più importante, errori.

Ma perché le persone continuano a fare trading nonostante queste prove? Perché non fare nulla sembra cedere il controllo. L'attività crea la confortante illusione che siamo noi a governare la nave, anche se le acque sono fuori dal nostro controllo.

In ogni caso, un'altra manifestazione del bias d'azione è l'istinto a vendere durante le flessioni del mercato. Quando il mercato crolla, il nostro cervello evolutivo urla: "Fuori! Taglia le perdite! Fai qualcosa!"

Il pregiudizio dell'azione si nutre di paura. Ci convince che fare qualcosa, anche la cosa sbagliata, è meglio che starsene seduti con le mani in mano. Ma negli investimenti, un'azione prematura può trasformare perdite temporanee sulla carta in danni finanziari permanenti.

Perché l'inazione è così difficile

Comprendere il pregiudizio dell'azione non è sufficiente per superarlo. Questo perché il problema non è intellettuale, ma emotivo. L'inazione sembra irresponsabile. Sembra pigrizia, indifferenza o sconsideratezza.

Questo disagio è amplificato dal mondo che ci circonda. I canali di notizie finanziarie, le app di brokeraggio, i social media e persino gli amici benintenzionati incoraggiano l'attività. Le società di brokeraggio, anche quelle a zero commissioni, traggono profitto dalle tue negoziazioni. I media prosperano sui drammi di mercato. E, di conseguenza, gli investitori vengono bombardati da messaggi secondo cui fare qualcosa (qualsiasi cosa!) è meglio che restare fermi.

C'è anche l'elemento psicologico più profondo dell'illusione di controllo . Ci piace credere di poter influenzare i risultati, anche quando il sistema è in gran parte casuale. Quindi, quando clicchiamo sui pulsanti per piazzare i nostri ordini, ribilanciare i nostri portafogli o reagire alle notizie, tutto ciò crea un falso senso di controllo in un ambiente governato dalla fortuna, dal tempo e da fattori al di fuori della nostra influenza.

L'economista comportamentale Dan Ariely, nel suo libro Predictably Irrational, nota come le persone si impegnino in comportamenti subottimali semplicemente per alleviare il disagio dell'incertezza. Negli investimenti, questo porta alla tragica ironia: le azioni pensate per farci sentire più sicuri spesso ci rendono più poveri.

Come superare il pregiudizio dell'azione

La soluzione al pregiudizio d'azione non è la forza di volontà. Lasciati a se stessi, anche gli investitori esperti possono soccombere. La vera soluzione è creare sistemi e regole che eliminino le emozioni dall'equazione.

Ecco alcune idee pratiche che mi vengono in mente e che possono aiutarti a ridurre al minimo l'impatto di un'eccessiva attività negli investimenti:

1. Automatizza i tuoi investimenti: gli investimenti mensili automatici, come i SIP, eliminano completamente il processo decisionale. Quando investire diventa un'abitudine, non c'è bisogno di controllare le notizie o di cronometrare il mercato. Investi perché è la regola e non per come ti senti (anche se, cosa interessante, per favore cerca di agire molto anche con i loro SIP!).

2. Riduci la frequenza con cui controlli il tuo portafoglio: più controlli frequentemente il tuo portafoglio, più sentirai il bisogno di fare qualcosa. Studi comportamentali dimostrano che gli investitori che monitorano quotidianamente i loro portafogli sono più ansiosi e più propensi a fare trading inutilmente. Controllare i tuoi investimenti trimestralmente, o anche solo una volta all'anno, può migliorare sia i tuoi rendimenti che la tua tranquillità.

3. Praticare "l'inattività per progettazione": uno dei modi più efficaci per contrastare il pregiudizio dell'azione è quello di costruire deliberatamente periodi di inazione nel tuo approccio di investimento. Ciò significa accettare che, il più delle volte, la cosa migliore che puoi fare per il tuo portafoglio è lasciarlo stare.

Immagina di piantare un albero. Non lo scavi ogni poche settimane per controllare se sta crescendo. Prepari il terreno, pianti il ​​seme, lo annaffi di tanto in tanto e lasci che il tempo faccia il suo lavoro. Investire funziona allo stesso modo. Il tuo obiettivo non è vincere ogni giorno o superare in astuzia il mercato a ogni svolta, ma resistere al prurito di interferire costantemente.

Conclusione: la saggezza della quiete

Il pregiudizio d'azione è una delle trappole psicologiche più pericolose negli investimenti. E non perché sia ​​difficile da comprendere, ma perché è difficile resistergli. Si manifesta come responsabilità, diligenza e intelligenza, quando in realtà è spesso una reazione alla paura, al disagio o all'ego.

I mercati saranno sempre in fluttuazione. I cicli di notizie urleranno sempre urgenza. La tua mente cercherà sempre modelli, minacce e opportunità. Ma la differenza tra un investitore di successo e uno senza successo raramente riguarda la conoscenza. Riguarda il comportamento.

Ogni volta che senti l'impulso di modificare il tuo portafoglio, di vendere in preda al panico o di lanciarti sul prossimo titolo azionario più gettonato, fermati e chiediti: questa azione sta migliorando le mie possibilità a lungo termine o sta semplicemente alleviando la mia ansia a breve termine?

Ricordate, la sfida più grande nell'investimento non è imparare a fare di più, ma imparare a fare di meno. E quindi, padroneggiare l'arte dell'inazione intenzionale potrebbe essere l'abilità più redditizia che potete coltivare come investitori.

Concluderò con un passaggio a cui ritorno spesso, dal libro di Pico Iyer, L'arte della quiete :

In un'epoca di velocità, ho iniziato a pensare, niente potrebbe essere più rinvigorente che andare piano. In un'epoca di distrazione, niente potrebbe essere più lussuoso che prestare attenzione. E in un'epoca di movimento costante, niente è più urgente che stare seduti fermi.

Questo è vero tanto nella vita quanto negli investimenti. A volte, la cosa più saggia che puoi fare è non fare niente.


Guerra commerciale: la Cina cambia passo

  1. A proposito di cambiamenti: anche la Cina volta pagina negli obiettivi per l’anno in corso.
  2. Il target di crescita è del 5%, con un maggior focus sui consumi privati e sulla nuova economia.
  3. Bene sintonizzarsi su tutte le aree geografiche: ovunque possono sorgere nuove opportunità.

FASE SFIDANTE PER IL BENCHMARK USA, RALLY PER L’HANG SENG

Variazione percentuale da inizio anno al 10 marzo 2025

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Fonte: Elaborazione Wealthype su dati Investing.com

C’è parecchio che bolle, sui mercati: lo vediamo tutti i giorni e non è necessariamente una cattiva notizia, perché – come sempre diciamo – tra una portata e l’altra possono venir fuori interessanti opportunità. Per esempio, pur non smorzandosi i riflettori sugli States (al di là delle varie ed eventuali correzioni in corso, restano pur sempre la prima economia mondiale), altri se ne stanno accendendo sull’Europa e la Cina. Oggi ci concentriamo su quest’ultima. La seconda economia al mondo (dopo gli Stati Uniti d’America, appunto) ha tutta l’intenzione di crescere ancora. In barba ai dazi trumpiani.

La Cina ha alzato il velo sui suoi obiettivi per l’anno in corso

Nella prima settimana di marzo, il Congresso Nazionale del Popolo e la Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese si sono riuniti a Pechino per le cosiddette “Due sessioni”. Si tratta dell’appuntamento politico più importante dell’anno, e il motivo è semplice: definisce l’agenda economico-politica cinese per i dodici mesi. Quindi, stavolta, per il 2025. Un anno che ha segnato il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump e l’avvio di una nuova guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti d’America.

Nel giorno di avvio del Congresso Nazionale del Popolo, il primo ministro della Repubblica Popolare Cinese Li Qiang ha presentato il rapporto sul lavoro del governo, che contiene le priorità per l’anno in corso: obiettivi di crescita del PIL, quindi, ma anche inflazione e deficit di bilancio. E proprio da questo rapporto si evince che Pechino non intende badare a spese pur di dare una spinta ai consumi, raggiungere il suo obiettivo di crescita di “circa il 5%” annuo e stimolare i rialzi dei prezzi, attualmente in deflazione (cioè non crescono e anzi scendono, proprio perché la sollecitazione che arriva dai consumi e dagli investimenti aziendali non è al momento sufficiente).

L’obiettivo per Pechino è una crescita del +5% circa nel 2025

Ebbene, sì: per Pechino, l’obiettivo di espansione annuale è del 5% “circa”. Il “circa” potrebbe essere la spia dell’incertezza che aleggia intorno all’impatto delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti, in un contesto in cui non è da escludersi la possibilità di un accordo fra le due superpotenze economiche.

LA CINA HA FISSATO UN AMBIZIOSO OBIETTIVO DI CRESCITA PER IL 2025

Pechino intende mantenere un ritmo di espansione economica sostenuto

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Fonti: Ufficio Nazionale di Statistica, Rapporti di Lavoro del Governo, Bloomberg

L’incrocio di spade (commerciali) rappresenta del resto solo l’ultima delle sfide per un’economia già gravata dalle difficoltà del comparto immobiliare e dal rallentamento della spesa dei consumatori e degli investimenti delle imprese private: due temi, questi ultimi, che i funzionari governativi – e il Partito Comunista Cinese di cui sono espressione – sembrano avere tutta l’intenzione di risolvere.

Avanti tutta sulla domanda interna e sulla spesa per i consumi

In tutto il documento presentato da Li, la parola “consumi” è menzionata ben 27 volte: il massimo da circa un decennio, ossia – più o meno – da quando il presidente Xi Jinping ha assunto l’attuale carica. Lo “sviluppo di alta qualità” – uno slogan che incarna la spinta di Xi alla promozione dell’industria manifatturiera ad alta tecnologia – ricorre molto meno frequentemente rispetto all’anno precedente. Anche se, come vedremo tra poco, non è un punto affatto trascurato.

NEL NUOVO DOCUMENTO PROGRAMMATICO, LA CINA DÀ PRIORITÀ AI CONSUMI

La parola “consumi” è citata 27 volte, il massimo da oltre un decennio

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Fonte: Bloomberg, Rapporti di Lavoro Annuali del Governo

Rinnovato sostegno alle aziende e al tech (anche in chiave anti-USA)

Allo stesso tempo, infatti, Pechino non trascura la tecnologia e l’Intelligenza Artificiale. In seguito al lancio di DeepSeek (modello linguistico su larga scala basato sull’IA generativa e giudicato rivoluzionario in termini di contenimento dei costi e del consumo energetico), il presidente Xi non ha mancato di trasmettere segnali di apertura al mercato e in particolare alle aziende tech, dopo anni caratterizzati da un’elevata pressione regolatoria.

Un rinnovato sostegno sugellato dall’incontro che a febbraio proprio Xi ha avuto con le più importanti aziende cinesi, alle quali ha assicurato l’affiancamento del governo. La domanda, ora, è quali forme potrà assumere questo slancio di fronte all’imprevedibilità tariffaria di Trump e all’intensificarsi della competizione tra Cina e Stati Uniti per la supremazia tecnologica.

Fatto è che il presidente Xi e il suo entourage sembrano intenzionati a emancipare l’economia cinese dalla sua dipendenza dal mercato immobiliare, creando nuovi spazi per i consumi e per l’iniziativa privata. Basterà questa ricetta, sulla quale si stanno concentrando i massicci stimoli delle autorità, per generare crescita?

Prezzi anemici in Cina: affrontare (e vincere?) la sfida della deflazione

Lo sapremo tra qualche mese, esaminando i dati sui prezzi in Cina. Il Paese non ha granché partecipato alla fiammata che ha investito tutte le economie avanzate dall’autunno del 2021 in avanti. Anzi: si candida a registrare il più lungo periodo di deflazione dagli anni Sessanta proprio a causa della debolezza dei consumi e degli investimenti.

IN CINA SI PREVEDE LA PIÙ LUNGA DEFLAZIONE DAGLI ANNI SESSANTA

Gli economisti pronosticano prezzi in calo per il terzo anno consecutivo nel 2025

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Fonte: Ufficio Nazionale di Statistica, Bloomberg. I dati si riferiscono al deflatore del PIL*

*Il deflatore del PIL è calcolato come il divario tra la crescita del PIL nominale e la crescita del PIL reale.

La deflazione, è utile ricordarlo, è una diminuzione del livello generale dei prezzi. In un tacito riconoscimento delle pressioni in tal senso, il governo ha ridotto il suo obiettivo ufficiale di incremento dei prezzi al consumo al +2% annuo circa, il livello più modesto dal 2003. E già questa è comunque una bella sfida. Per capirne la reale portata, basti dire che a febbraio l’indice dei prezzi al consumo in Cina è sceso del -0,7% su base annuale, portandosi sotto lo zero per la prima volta in 13 mesi. Né va granché meglio sul fronte dei prezzi alla produzione.

Un ambizioso piano fiscale per spingere la crescita economica

Programmi di crescita ambiziosi reclamano ambiziosi piani fiscali. E infatti è previsto che la politica fiscale diventi “più proattiva”, con un incremento del deficit del bilancio pubblico dal 3% al 4% del PIL: il più consistente obiettivo di deficit fiscale in oltre tre decenni, che si accompagna all’impegno ad aumentare l’emissione di obbligazioni degli enti locali a livelli record.

Il governo emetterà 1.300 miliardi di yuan in obbligazioni a lunghissimo termine, rispetto ai 1.000 miliardi di yuan dell’anno passato. Di questi, 300 miliardi andranno a finanziare i consumi (nel dettaglio, un programma lanciato l’anno scorso su sconti per quei consumatori che decidono di cambiare auto o elettrodomestici). Il resto del denaro andrà alla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali e allo stimolo alle imprese affinché aggiornino le loro attrezzature.

E la banca centrale? Farà la sua parte, è ovvio: la politica monetaria passerà da “prudente” a “moderatamente allentata” per la prima volta in più di un decennio, con una riduzione dei tassi di interesse e della quantità di denaro che i creditori dovranno accantonare nelle riserve.

Cosa implicano i target cinesi per chi investe?

Investire in Cina sembra offrire alcune interessanti opportunità, in virtù degli obiettivi di crescita e della rinnovata apertura ai mercati. È però fondamentale ricordare che una strategia di diversificazione ben pianificata, che ricomprenda anche altre aree geografiche e settori, è la chiave per bilanciare il rischio e massimizzare il potenziale rendimento a lungo termine. Vale sempre e ovunque: da Nord a Sud, da Ovest all’Estremo Oriente.


L'indice migliore per i tuoi investimenti: Opportunità ed Appagamento

"il mercato azionario è il miglior strumento democratico di ridistribuzione della ricchezza. Punisce gli eccessi emotivi e premia nel tempo i miti razionali"

10 anni di professione e chi non ottiene risultati fa sempre gli stessi errori.

Mercati sui massimi o quasi ( perche sempre domani conosciamo se ieri è stato toccato il massimo di periodo)i media si riempiono di titoli che celebrano i best performer (#fondi, #Etf, #azioni e #crypto). Furbizia ed AVIDITÀ ingolosiscono di guadagni facili sprovveduti, saccenti e presuntuosi.

"COMPRIAMO #NVIDIA tanto sale" , "#MicroStrategy ha fatto il 100% entriamo" e ognuno sono convinto avrà la sua frase da poter aggiungere.

Il mercato da dicembre sta facendo pulizia di chi si reputa superiore e sempre così sarà.

Mercati che scendono arrivando magari su minimi (vale nota sopra) i media si riempiono di titoli nefasti evidenziando le perdite (non sono tali ma oscillazioni negative finché non si vende). Pessimismo e PAURA colpiscono sprovveduti, inconsapevoli e disorganizzati.

"il mercato scenderà ancora meglio vendere", "temo che con I dazi ci sarà un grosso storno" ed aggiungete la vostra nei commenti.

Anche qua il mercato farà pulizia di chi non avrà organizzato il suo piano o non avrà fede nello stesso. Di chi non ha consapevolezza su come vivere i propri investimenti o peggio ancora di chi sa sempre cosa succederà domani.

HAI PRESENTE IL FEAR AND GREED INDEX?

Oggi indica estreme paura nei mercati.

Paura ed aviditàVuoi una strategia GRATIS che aumenterà il tuo successo negli investimenti?

Basta sostituire 2 parole:

PAURA -> OPPORTUNITÀ

AVIDITÀ -> APPAGAMENTO

e comportarsi razionalmente di conseguenza.


Mente e mercati: perché cambiare è così difficile?

  • A volte la troppa scelta a disposizione manda in tilt la nostra mente, impedendoci di scegliere.
  • La paura di sbagliare o di perdere un’alternativa migliore ci porta a “immobilizzarci”.
  • Abbracciare il cambiamento è importante per evolvere. Anche negli investimenti.

COSA SUCCEDE QUANDO LA SCELTA È TROPPA

L’esperimento della marmellata

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Fonte: elaborazione Wealthype 

Viviamo in un mondo in cui le opportunità di scelta appaiono quasi infinite. Lo shopping online ci permette di confrontare un numero di alternative di uno stesso prodotto che qualche anno fa era semplicemente impensabile. E lo stesso discorso vale per le piattaforme di streaming o per le società di food delivery.

Certe volte, però, troppa scelta ci “congela”, portandoci a rinunciare del tutto. Non ti è mai capitato di impiegare talmente tanto tempo a scegliere quale serie vedere da finire per accorgerti che è ora di andare a letto senza aver guardato niente? O di aver rimandato all’infinito un acquisto tutto sommato poco importante – una borsa da palestra, un paio di scarpe – nella speranza di trovare l’opzione “perfetta”, che però non arrivava mai?

Ecco, se ti è capitato sei stato anche tu vittima di quello che in psicologia viene chiamato “choice overload” (sovraccarico da scelta) o anche, se ti piacciono le sigle, “FOBO”, acronimo di Fear Of Better Options.

Di cosa parliamo quando parliamo di “FOBO”?

La FOBO è una tendenza della psiche umana che è stata indagata in diverse occasioni. L’infografica in apertura è tratta da uno studio condotto anni fa dagli psicologi Sheena Iyengar e Mark Lepper della Columbia and Stanford University (1). In buona sostanza, un negozio di alimentari ha proposto un’esposizione di marmellate ai suoi clienti: in una giornata sono state esposte 24 diverse marmellate, mentre in un’altra giornata la scelta è stata ridotta a sei gusti. Ebbene, se la vasta scelta ha suscitato maggiore interesse tra i clienti, alla fine gli acquisti effettivi sono stati molto inferiori a quelli registrati dal banchetto con una selezione ridotta di gusti.

Il motivo? Troppa possibilità di scelta ci fa andare in “cortocircuito”: la nostra mente viene sopraffatta dalla paura di non scegliere l’opzione migliore, di commettere errori, di rinunciare ad altre possibilità interessanti. E così non sceglie affatto, restando immobile. In questo caso, l’ansia da FOBO si tramuta addirittura in FODA, ossia in Fear Of Doing Anything, paura di compiere una qualunque scelta. Sempre per chi ama le sigle.

Certo, compiere delle scelte è difficile, perché comporta il passaggio dal piano della possibilità, in cui tutto può ancora succedere, a quello della realtà, in cui bisogna necessariamente scartare le alternative. Allo stesso tempo, però, compiere una scelta è entusiasmante, perché ci consente di imprimere una direzione alla nostra vita. E di cambiare rotta, quando le condizioni lo richiedono.

FOBO e FODA nella gestione degli investimenti

Anche quando si parla di gestione dei risparmi una continua procrastinazione o addirittura un “immobilismo” nelle scelte rischia di essere davvero controproducente. Iniziare finalmente a investire o cambiare un piano di investimento che per te non funziona più è fondamentale, anche se per farlo devi vincere la tua resistenza al cambiamento.

Spesso cambiare idea (e agire di conseguenza) è più faticoso che rimanere nel percorso già intrapreso. Nella vita così come negli investimenti. Ma sul lungo periodo, doversi adattare a una situazione non più ottimale può essere molto più difficile (o dispendioso) di quanto possa esserlo, nel breve termine, farti coraggio e rivedere le scelte fatte.

Prendiamo il caso dei mercati finanziari: nel 2024 l’azionario ha messo a segno performance decisamente positive (e anche in questi primi mesi del 2025 sta consegnando rendimenti interessanti). Eppure, come mostra una recente indagine di Unimpresa (2), la quota di risparmio detenuta in contante e depositi resta molto elevata tra i risparmiatori italiani (anche se si nota una lenta crescita degli investimenti azionari).

I RISPARMI E GLI INVESTIMENTI DEGLI ITALIANI

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Fonte: Centro Studi Unimpresa su dati Banca d’Italia 

Del resto, abbandonare la “cara vecchia” liquidità può spaventare. I mercati finanziari offrono moltissime possibilità in termini di strumenti, grado di rischio, durata, area geografica, settore e chi più ne ha più ne metta. Aggiungiamoci che magari non sei proprio un drago in materia di finanza e il cocktail è completo: scatta la FOBO, ti metti a ragionare su quale sia la scelta migliore, non ne vieni a capo, temi di sbagliare e alla fine, semplicemente, ti fermi e non investi affatto.

Davvero è meglio non scegliere piuttosto che scegliere male?

In realtà, la “non scelta” ha un costo, che nel caso specifico si chiama “inflazione”. E di recente abbiamo visto quanto non ne voglia sapere di mollare la presa (si vedano, per esempio, i dati sul CPI statunitense di gennaio). Per avere un’idea di quanto possa arrivare a pesare l’inflazione, è sufficiente dare un’occhiata al grafico sul potere d’acquisto di un dollaro USA nel tempo.

IL VALORE DEL DOLLARO USA DAL 1700 A OGGI

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Fonte: Statista

Se scegli “la strada vecchia” – cioè, il non investimento – la perdita nell’arco degli anni può essere anche molto significativa. Anche perché, se il potere d’acquisto tende a scendere (o, almeno, così è stato negli ultimi 300 e passa anni), per i mercati azionari è vero il contrario: sul lungo periodo tendono a salire. Te lo abbiamo già mostrato, ma in questi casi, come si dice, “repetita iuvant”.

L’INDICE S&P 500 HA CONTINUATO A SALIRE NEGLI ULTIMI 90 ANNI

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Fonte: Macrotrends. Dati al 31 dicembre di ogni anno dal 1928

La FOBO – o un vero e proprio blocco decisionale – può colpire anche chi già investe sui mercati. In questo caso, può succedere che l’investitore si renda conto che il suo portafoglio andrebbe rivisto, ma è restio a intervenire perché non vuole vedere la perdita monetizzata. L’attesa, però, non porta da nessuna parte. Guardare in faccia la realtà e agire di conseguenza può portare a grandi soddisfazioni, al netto della inevitabile fase di assestamento nella nuova dimensione. Ricorda: il cambiamento può fare bene. Ma per beneficiarne, è indispensabile mettere da parte ansie e paure. E affidarsi a chi ne sa veramente.


10 punti fermi per investire SEMPRE, anche nel 2025

  • “Il momento è carico di incertezza” è un mantra che ci sentiamo ripetere ormai tutti i giorni.
  • Sì, c’è incertezza, ma non è la prima volta nella storia: dobbiamo solo rifocalizzarci.
  • Ecco, quindi, 10 consigli utili per iniziare l’anno con lo spirito giusto e senza troppi timori.

GLI INVESTIMENTI RICHIEDONO PAZIENZA E COSTANZA

Rendimenti reali annualizzati per Stati Uniti e mondo ex-USA, 1900-2003

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N.B. Tutti i rendimenti includono reddito reinvestito, sono adeguati all'inflazione e sono espressi come rendimenti medi geometrici.

Fonte: Wealthype su dati UBS Global Investment Returns Yearbook

“Va tutto a rotoli”: quante volte questa frase è stata pronunciata nel corso dei decenni, per non dire dei secoli? Eppure, eccoci qua. E chi avesse investito nell’azionario e/o nell’obbligazionario nel 1900 (non tu, certo: magari i tuoi bisnonni o i tuoi trisavoli), pur con tutto quello che è successo nel “secolo breve”, avrebbe goduto dei rendimenti che vedi nel grafico in apertura. Perciò no, non va tutto “a rotoli”: com’è capitato spesso nella storia, siamo piuttosto di fronte a qualche crocevia, salita, sfida.

Un fatto è sicuro: si va avanti anche quando tutto sembra fermo, o sembra tornare indietro. Vogliamo parlare per esempio dei Megatrend, quelle “macrotendenze” che stanno rimodellando il nostro futuro e che sono da seguire perché possono agilmente diventare un tema d’investimento (l’Intelligenza Artificiale o le tecnologie per le produzioni biologiche, giusto per citarne due)?

Quindi: mai arrendersi alle apparenze e restare invece focalizzati, per gestire i risparmi e gli investimenti nel modo più proficuo. Ecco allora 10 cose da tenere a mente in questo inizio anno.

1. Destina una quota di reddito al risparmio

Mettere da parte per un vago domani denaro che potremmo spendere oggi può sembrare difficile, spesso anche poco sensato. Ma ti ricordi la cicala e la formica? Oggi magari hai un buon lavoro, ottime entrate e un invidiabile tenore di vita, ma non sta scritto da nessuna parte che sarà così per sempre. Anche solo per il fatto che prima o poi si inizia a invecchiare e arrivano gli acciacchi. O, senza andare così lontano nel tempo, perché si incontra la persona giusta e si vuol mettere su casa e famiglia. Insomma, meglio predisporre una rete di sicurezza per le cose belle. E anche per quelle meno belle.

2. Reddito e risparmio: impara la differenza

Reddito e risparmio: che differenza c’è? È presto spiegato.

  • Il reddito è il totale delle entrate che incassi periodicamente come compenso per il lavoro che hai svolto (lo stipendio), per una prestazione cui hai diritto (la pensione) o per l’impiego del denaro che metti da parte (esempio, l’investimento in azioni e/o in bond);
  • a proposito di soldi che metti da parte, il risparmio è quella parte di reddito che non spendi.

Ma come si fa a mettere soldi da parte? La docente di Harvard Elizabeth Warren ha proposto la regola del 50/30/20, in base alla quale:

  • alle spese essenziali andrebbe destinato non più del 50% delle entrate mensili;
  • sulle spese discrezionali andrebbe convogliato il 30%;
  • al risparmio, infine, il restante 20%.

Qualunque sia il tuo metodo, è bene verificare a cadenza periodica se sei riuscito a rispettarlo oppure no. Puoi prendere carta e penna o installarti un’app ben fatta e dividere le spese necessarie da quelle discrezionali. Dai priorità alle prime, ovviamente, e, laddove possibile, scegli la convenienza (il fornitore di luce e gas che costa meno, per esempio). Salda i conti in ordine di importanza, dando la precedenza al rimborso degli eventuali debiti in corso.

3. Inizia subito a investire il tuo risparmio

Sei così riuscito a creare una prima forma di risparmio: cosa farne? Partendo dal presupposto che sarebbe bene avere da parte una riserva di liquidità in grado di consentire la normale sussistenza per un periodo indicativo di tre-sei mesi, è chiaro che, al di fuori di questa riserva, i soldi fermi sul conto sono soggetti all’azione erosiva dell’inflazione. È bene quindi investire quello che resta, con l’obiettivo di valorizzarlo nel tempo.

Tra l’altro, più giovane sei, più tempo hai per beneficiare del tasso di interesse composto, ossia l’interesse sull’interesse maturato, che consentirà ai tuoi risparmi di crescere più velocemente. Per capirci: investendo un capitale iniziale di 100 euro, con un interesse del 5% annuo, alla fine del primo anno avrai 5 euro di interessi, per un totale di 105 euro. Lasciando tutto investito, l’anno dopo l’interesse del 5% maturerà non su 100 euro, ma su 105. E via dicendo. I risultati li possiamo vedere qui di seguito.

INTERESSE SEMPLICE E COMPOSTO: RISULTATI A CONFRONTO

Ipotizzando un interesse annuo del 5%

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Fonte: Simulazione Wealthype

4. Conosci te stesso (e il tuo profilo di rischio)

Prima di prendere una qualunque decisione, è importante capire qual è il livello di rischio che sei disposto a sopportare: se sei giovane e l’orizzonte di investimento è lungo, puoi optare per gli asset tendenzialmente più rischiosi; se sei più vicino alla pensione, invece, un approccio più conservativo potrebbe essere da preferire.

5. Diversifica per gestire al meglio l’impatto della volatilità

Distribuire il tuo denaro su diverse classi di investimento (azionario, obbligazionario, eccetera) riduce il rischio complessivo: naturalmente, il portafoglio va calibrato sempre sul tuo profilo di rischio, che si modifica nel tempo.

6. Investi con un orizzonte temporale chiaro

Fare chiarezza sui tuoi obiettivi ti aiuterà a stabilire con altrettanta chiarezza l’orizzonte temporale dei tuoi investimenti. E a scegliere gli strumenti giusti. Ogni obiettivo ha il suo orizzonte temporale, quindi è possibile che alcuni investimenti siano a breve o a medio termine. Un orizzonte di lungo termine tendenzialmente riduce l’impatto della volatilità: a meno che tu non abbia bisogno di liquidità a breve, quindi, ricorda che la pazienza e la costanza premiano.

BREVE, MEDIO E LUNGO TERMINE: COSA SIGNIFICA?

Come si struttura l’orizzonte temporale

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Fonte: Elaborazione Wealthype

7. Ribilancia il portafoglio solo quando serve

Si sa, le condizioni di mercato cambiano e gli asset in portafoglio possono acquisire o perdere un po’ del loro valore. Ha senso, per questo, ribilanciare? Diciamo che periodicamente un check-up è opportuno, per valutare se nel frattempo i tuoi bisogni sono cambiati e agire di conseguenza. Non bisogna però esagerare e farsi prendere dalla FOMO, la Fear of Missing Out (la paura, cioè, di mancare l’occasione), altrimenti si sfocia nel market timing di cui tante volte abbiamo parlato, e mai troppo bene.

Il vero modo per non perderti i rialzi? Ovvio: rimanere investito.

COSA (E QUANTO) TI PERDI FACENDO MARKET TIMING

Performance annualizzata di un investimento da 10.000 dollari USA

c976b620-d048-43e5-b1f1-24a98e152c79_20250114.webpFonte: J.P. Morgan Asset Management su dati di Morningstar Direct (Luglio 2004-Luglio 2024)

8. Belle le emozioni, ma fino a un certo punto

Il che ci porta al punto successivo. Le fluttuazioni del mercato possono generare paura o euforia, e questo ci sta. Ma è essenziale mantenere la calma. E il buon senso. E con calma e buon senso mettere a punto un piano di investimento e rispettarlo nel tempo, rivalutandolo periodicamente ma solo per vedere se è ancora aderente al tuo profilo di rischio (che può cambiare nel tempo) e alle tue esigenze (che pure possono mutare, perché è chiaro che a 45 anni hai prospettive diverse rispetto a quando ne avevi 25).

9. Informati e approfondisci, senza il dannoso sensazionalismo 

Il 2025 sarà l’anno in cui molti scenari – monetari, economici, geopolitici – conosceranno un’interessante evoluzione, condizionando più o meno direttamente – e più o meno incisivamente – i mercati. Leggere, approfondire, comprendere e aggiornarti è certamente utile per prendere decisioni più informate e consapevoli. E’ importante affidarsi a fonti attendibili, evitando di cedere al sensazionalismo utilizzato per ottenere qualche visualizzazione o commento in più. Fineconomy in questo percorso di in-formazione è al tuo fianco.

10. Il ruolo dell’esperto: chiedi a chi ne sa più di te

Per finire: molte scelte richiederanno l’assistenza di una consulenza professionale. E questo, se vogliamo, è il decimo e ultimo (ma non per importanza) punto della nostra breve disanima. Sii in grado di chiedere informazioni e indicazioni a chi ne sa più di te. Anche ricorrendo ai canali che, per fortuna, oggi la tecnologia offre a tutti noi.


Ereditare in Italia, seconda puntata: scenario 2070

  • L’Italia è unica al mondo: la popolazione è più anziana che altrove e i figli sono pochi
  • Tra 45 anni gli eredi saranno lo 0,9% della popolazione rispetto al 2% attuale
  • Questo aumenta le diseguaglianze ma anche le opportunità di investimento

LE EREDITÀ CONTERANNO DI PIÙ NEL PORTAFOGLIO DEGLI ITALIANI

Crescerà il loro peso sui redditi e i patrimoni

Ma faranno aumentare le disuguaglianze

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Fonti: Institute for New Economic Thinking, Università di Oxford

In pochi luoghi al mondo (probabilmente nessuno) l’eredità riveste un’importanza così cruciale per il futuro. Perché? Perché siamo, allo stesso tempo:

  • I più vecchi, con una percentuale di over 65 sulla popolazione del 24% e di over 80 del 7,6%, un record in Europa, e per il 2050 le due percentuali saliranno al 33,7% e al 13,7% (dati Eurostat)
  • Tra i meno fecondi, con un tasso di fecondità (figli per donna) che nel 2023 è sceso a 1,2, mentre la media Ue è di 1,46 (dati Eurostat)
  • Fra i Paesi con la maggiore disuguaglianza a livello patrimoniale, il 50% più povero deteneva nel 2022 solo il 2,53% della ricchezza totale, in calo dal 5,12% di 15 anni prima, a fronte di una media Ue del 3,47% e di valori del 5,11% in Francia e del 6,82% in Spagna (dati del World Inequality Database)
  • Tra quelli che crescono meno, al punto che il reddito disponibile pro capite reale delle famiglie è addirittura sceso del 6,26% tra il 2008 e il 2023 mentre nella Ue è salito del 10,82% (dati Eurostat).

I redditi da capitale cresceranno più della media

Secondo l’Institute for New Economic Thinking e l’Università di Oxford i prossimi anni saranno caratterizzati da una forte riduzione degli eredi, tra meno di 50 anni, nel 2070, saranno ogni anno lo 0,9% della popolazione, contro il dato attuale che supera il 2%. La causa è naturalmente il trend demografico, ovvero la nascita di sempre meno figli, sempre più spesso unici. Risultato: sempre meno persone erediteranno una quantità crescente di patrimonio, perciò in futuro i capitali trasferiti da una generazione all’altra assumeranno sempre più importanza. Oggi ammontano ogni anno a circa l’1,5% dei patrimoni e il 15% dei redditi ed entro il 2060-2070 cresceranno fino a rappresentare rispettivamente circa il 2,5% e il 25%.

Salirà quindi il rapporto tra gli asset finanziari o reali (cioè la ricchezza) e le entrate delle famiglie: era di 3,3 a 1 nel 1980, è diventato di 7,2 a 1 nel 2012 per poi calare a 6,2 a 1 nel 2022 per la crisi del mattone, ma tornerà a crescere lentamente fino a un rapporto di 8 o 10 a 1. Ci saranno probabilmente persone, quindi, che saranno più ricche ma guadagneranno meno anche perché aumenterà anche il rapporto tra i redditi da capitale (da investimenti finanziari o gestione degli immobili) e quelli totali di mercato (escludendo i trasferimenti pubblici), che dovrebbe crescere dal 7,3% attuale al 13,5% entro il 2070. In sostanza per l’economia nazionale e anche per quella delle famiglie i redditi da lavoro avranno minore peso, al contrario di quelli da affitto, da cedola di un titolo o da dividendo di un’azione.

Salirà la disuguaglianza

Ma, e arriviamo al punto della disuguaglianza, mentre i redditi privati da lavoro o da pensione sono (e continueranno ad essere) presenti in quasi tutti i nuclei familiari, i redditi da capitale hanno una distribuzione molto più diseguale. Se quelli da capitale finanziario, come è noto, sono sproporzionalmente più presenti nel 10% più ricco della popolazione, anche quelli da capitale reale (immobili) riguardano quasi solo i più abbienti. Secondo gli ultimi dati di Banca d’Italia il 48,2% delle famiglie che fanno parte del quinto quintile, ovvero del 20% più ricco degli italiani, ha una seconda casa, che quindi può affittare. Questa percentuale scende già al 20% nel caso del quarto quintile (coloro che sono più abbienti del 60% più povero, ma meno ricchi del 20% più facoltoso) e ancora di più tra gli altri segmenti. Nel primo quintile (il 20% più povero) e nel secondo ad avere un secondo immobile sono rispettivamente solo lo 0,3% e il 4,7%.

È facile quindi capire come un aumento del ruolo dei redditi da capitale provochi nel lungo periodo una concentrazione della ricchezza e una maggiore disuguaglianza. Sempre secondo l’Institute for New Economic Thinking e l’Università di Oxford l’indice di Gini (la misura più utilizzata della disuguaglianza, che sale da 0% a 100% in proporzione a essa) crescerà nell’ambito dei patrimoni dal 65% attuale al 70% del 2070. All’inizio, entro il 2040, in realtà scenderà di alcuni punti, grazie al fatto che le eredità si redistribuiranno tra segmenti ancora vasti della popolazione, all’incirca la generazione X e i primi millennials, tra cui, per esempio, molti hanno fratelli e sorelle, e prevarrà un effetto redistributivo. Ma dopo, con il crollo del numero di eredi, ad avere un ruolo preponderante sarà la concentrazione dei patrimoni ereditati, che faranno aumentare la disuguaglianza. Per fare un confronto, se i capitali dei defunti non fossero trasferiti ai figli, l’indice di Gini scenderebbe invece entro il 2070 a circa il 55%.

Questa tendenza naturalmente è accentuata dalla quasi assenza di tassazione delle eredità in Italia, ma anche se fosse utilizzata l’imposizione fiscale francese, la più pesante, in realtà la disuguaglianza nei prossimi 50 anni non scenderebbe, al massimo resterebbe stabile.

Un motivo in più per non mettere sotto il materasso quanto si eredita

Questi calcoli sono stati fatti utilizzando, come ipotesi di base, alcune stime ufficiali italiane ed europee, che prevedono per il nostro Paese nei prossimi decenni un aumento della produttività, un tasso di crescita annuale del Pil tra l’1,1% e l’1,5%, un tasso di fertilità dell’1,4-1,5, quindi superiore all’attuale. Se, come è molto probabile, in realtà questi indicatori piuttosto ottimistici fossero peggiori di quelli previsti, l’importanza dei patrimoni ereditati e le disuguaglianze saranno ancora più alte.

Se tali numeri rappresentano uno stimolo per i governi futuri per rendere più competitiva l’economia e rafforzare, così, il ruolo dei redditi da lavoro, che per definizione contrastano le disuguaglianze, che risvolto ha tutto ciò per i risparmiatori e gli investitori? Certamente quanti si troveranno ad ereditare i patrimoni dei genitori, visto il forte peso di tale eredità sui propri averi, saranno ancora più interessati a non sprecare il patrimonio lasciando che si deprezzi con investimenti miopi come, ad esempio, gli immobili, che hanno un andamento molto peggiore rispetto agli investimenti finanziari. La stessa strategia, però, sarà nell’interesse anche di coloro che non avranno la fortuna di ereditare molto, perché i beni ricevuti, per quanto piccoli, sosterranno il proprio reddito in una spirale positiva che li vedrà lasciare ai loro discendenti asset liquidi e redditizi.


S&P500, Nasdaq, MSCI World…Capiamo gli indici

  • Si sente spesso parlare di indici, anche quando si parla di ETF che li replicano
  • Ma cosa sono gli indici? Quali informazioni ci offrono e a cosa servono?
  • Spoiler: esistono anche versioni differenti del medesimo indice

I PRINCIPALI INDICI AZIONARI

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 Fonte: Elaborazione Financialounge

Si sente spesso parlare di indici, ma cosa sono?

Gli indici azionari sono stati creati per permettere agli investitori di disporre di uno strumento capace di sintetizzare l’andamento delle Borse.

Ma quali sono i criteri secondo cui un titolo fa o non fa parte di un indice? Se mettessimo un indice sul vetrino di un microscopio cosa vedremmo?

E quali informazioni ci offrono gli indici?

Un’anticipazione: esistono versioni differenti del medesimo indice. Vediamo qualche esempio significativo.

Un indice azionario può essere definito come “una sintesi rappresentativa di un mercato azionario per misurarne le variazioni di valore nel tempo”.

Alcuni indici sono diventati negli anni più importanti di altri e sono considerati dagli investitori un punto di riferimento (ciò che spesso si sente chiamare benchmark) per un determinato mercato o settore.

Una cosa che gli esperti sanno bene, ma che molti piccoli investitori non prendono sufficientemente in considerazione, è che la metodologia alla base della costruzione del paniere di un indice è fondamentale e va ben compresa.

Parliamo degli aspetti che determinano il peso di ogni singolo titolo all’interno della selezione, ma non solo. Dalla diversificazione geografica a quella valutaria, dalla rappresentatività di specifici settori ad una visione più ampia e intersettoriale, fino alla considerazione o meno dei dividendi reinvestiti: sono molti gli aspetti da considerare.

Prendiamo insieme in analisi alcuni degl’indici più noti e facciamo qualche esempio.

 

DOW JONES INDUSTRIAL AVERAGE

Il Dow Jones Industrial Average è il più antico e conosciuto indice azionario della borsa di New York (il NYSE, New York Stock Exchange). A differenza di altri indici che tengono conto della capitalizzazione (value weighted) e quindi del valore in Borsa delle singole società, è calcolato considerando il prezzo (price weighted) dei principali 30 titoli di Wall Street. Benché non sia legato ad alcun settore specifico, dal momento che include titoli appartenenti a diversi settori produttivi, sia tradizionali sia della new economy, la scelta di limitarne la composizione a solo 30 titoli, le “blue chip”, ha reso l'indice nel corso del tempo sempre meno importante in quanto non più in grado di riflettere l'intero andamento del listino azionario americano.

 

DOW JONES SUSTAINABILITY INDICES

Dow Jones Sustainability Indices (DJSI) è una famiglia di indici focalizzati sulla sostenibilità, una selezione costruita seguendo una logica di best in class. Gli indici Dow Jones Sustainability sono stati lanciati nel 1999 con l’obiettivo di selezionare le aziende più soddisfacenti in termini di sostenibilità, partendo da un paniere di aziende recensite appartenenti a diversi settori economici e valutandone le prestazioni secondo i criteri ESG. Il Dow Jones Sustainability World Index e il Dow Jones Sustainability Europe Index sono tra i più importanti indici borsistici di sostenibilità, rispettivamente a livello mondiale ed europeo.

STANDARD & POOR’S 500 (S&P 500)

È il più importante indice del mercato azionario statunitense. Infatti, è il principale benchmark azionario relativo ai titoli quotati a Wall Street ed è il sottostante per un ampio ventaglio di ETF e prodotti derivati come futures, opzioni e certificates. Inizialmente, e fino al 4 marzo 1957, conteneva soltanto 90 titoli mentre ora ne fanno parte 500, rappresentativi dell'80% circa della capitalizzazione di mercato azionario statunitense, che vengono selezionati da un apposito comitato. Tutti i titoli in questione sono relativi ad aziende statunitensi con una capitalizzazione di mercato superiore a 6,1 miliardi di dollari, un flottante del 50% almeno, un volume di scambi mensili, negli ultimi 6 mesi, non inferiore a 250.000 azioni. Le società da inserire nel paniere vengono selezionate attraverso il metodo della capitalizzazione flottante, ovvero in base al valore di Borsa, a differenza dell’Indice Dow Jones Industrial Average che, essendo un “price weighted index” assegna un peso maggiore ai titoli che hanno un prezzo più elevato.

NASDAQ

Il NASDAQ (National Association of Securities Dealers Automated Quotation) è un mercato azionario USA istituito l’8 febbraio 1971 ed è stata la prima borsa al mondo esclusivamente elettronica. Attualmente vi sono quotate oltre 3000 società diverse, molte delle quali appartenenti al comparto tecnologico: l’indice Nasdaq Composite riassume l’andamento di quel listino ed è infatti il principale riferimento per tutti i titoli di questo settore. L’altro importante indice tecnologico USA è il Nasdaq 100, che annovera al proprio interno 100 tra le principali società non finanziare sia americane che estere quotate al Nasdaq. Sia il Nasdaq Composite che il Nasdaq 100 sono indici basati sulla capitalizzazione flottante, ovvero sul valore corrente dei singoli titoli in Borsa.

 

MSCI WORLD

L'indice MSCI World è un indice di mercato azionario costituito da migliaia di titoli a livello globale. È elaborato da MSCI ed è utilizzato come indice di riferimento (benchmark) per i fondi e i portafogli d’investimento azionari di tipo ‘world’ (mondiali o globali). L'indice include una raccolta di titoli azionari di tutti i mercati dei paesi sviluppati nel mondo come definito dagli analisti di MSCI e annovera titoli di 23 paesi esclusi i titoli provenienti da economie di frontiera o emergenti. Con 1.410 costituenti (dati al 30/09//2020), l'indice copre circa l'85% della capitalizzazione di mercato corretta per il flottante in ogni paese. Un indice correlato, l’MSCI All Country World Index (ACWI)include sia i paesi sviluppati che gli emergenti. L'indice MSCI World fu creato nel 1969 per permettere agli investitori globali di disporre di un indice di riferimento che sintetizzasse l’andamento ‘ponderato’ delle principali Borse di tutto il mondo. Viene elaborato in diverse forme: senza dividendi, con dividendi netti o lordi reinvestiti, in dollari statunitensi, euro e valute locali.

MSCI EMERGING MARKETS

L'indice MSCI Emerging Markets (EM) è stato lanciato da MSCI nel 1988 includendo 10 paesi in via di sviluppo con un peso di circa lo 0,9% nell'indice l’MSCI All Country World Index (ACWI), l’indice globale internazionale di MSCI che include sia i paesi sviluppati che gli emergenti. Attualmente, considera 24 paesi emergenti in tutto il mondo e ha 1.277 costituenti che coprono circa l'85% della capitalizzazione di mercato corretta per il flottante in ogni paese. È progettato per riflettere dinamicamente l'evoluzione del set di opportunità dei mercati emergenti e per aiutare gli investitori a soddisfare le esigenze di asset allocation globale e regionale: l’indice infatti è il benchmark per la maggior parte dei fondi e dei portafogli azionari focalizzati sui mercati emergenti.

 

NIKKEI 225

Contiene i 225 titoli a maggiore capitalizzazione delle compagnie quotate sulla Borsa di Tokyo ed iniziò ad essere calcolato a partire dal 7 settembre 1950. È un indice ponderato sul prezzo delle azioni (equally weighted), e di tipo large-cap, senza pesi specifici per i diversi settori economici cui appartiene un titolo: tutte le azioni hanno un eguale peso basato su un valore alla pari (valore nominale) di 50 yen. Costituisce uno degli indici azionari più rappresentativi dell'andamento dei principali titoli azionari quotati sul mercato borsistico giapponese.

 

FTSE MIB

L'indice FTSE MIB è costituito dai 40 principali titoli dei mercati MTA (Mercato Telematico Azionario) e MIV (Mercato degli Investment Vehicles, ovvero dedicato ai veicoli che investono in economia reale) della Borsa Italiana, selezionati in funzione della liquidità e della capitalizzazione. È un indice ponderato in base alla capitalizzazione di mercato corretta per il flottante e non tiene conto dello stacco di dividendi o di eventuali frutti periodici pagati dalle società che lo compongono: nessuna azione può avere un peso maggiore del 15% nel paniere. Costituisce l’indice azionario rappresentativo dell'andamento dei principali titoli azionari italiani (blue chips) quotati sul listino di Borsa Italiana.

FTSE 100

L'indice FTSE100 esprime la performance dei primi 100 titoli azionari, in termini di capitalizzazione, di società con sede nel Regno Unito e quotate sul London Stock Exchange. Introdotto per la prima volta il 3 gennaio 1984, è un indice value weighted, ossia viene calcolato come media ponderata dei prezzi delle azioni che lo compongono dove i fattori di ponderazione rispecchiano la capitalizzazione di ogni titolo. Costituisce l’indice azionario rappresentativo dell'andamento dei principali titoli del mercato azionario del Regno Unito.

 

DAX

L'indice Dax (Deutscher Aktien Index) è composto dai 30 titoli tedeschi a maggiore capitalizzazione e liquidità quotati sul Segmento 'Prime Standard' della Borsa di Francoforte. Introdotto nel 1988, rappresenta il principale indice azionario della Borsa tedesca: gli scambi sui titoli compresi in questo indice rappresentano infatti l'80% del controvalore totale. Presenta la particolarità di essere un indice di performance (ossia il cui rendimento è total return), con l'obiettivo di rispecchiare l’andamento dei ricavi del mercato nel suo complesso: nel suo calcolo confluiscono i pagamenti di dividendi e i ricavi dei diritti d’opzione.

GLI INDICI TOTAL RETURN

A proposito di indici total return, per comprendere l’importante differenza tra un indice Total Return (quindi con reinvestimento dei dividendi) e uno Price Index (quindi senza il reinvestimento dei dividendi) possiamo osservare le tabelle sotto in cui sono messe a confronto le performance a 5 e a 10 anni dell’indice classico S&P 500 (Price Index) e quelle dell’S&P 500 TR (Total Return).

 

TOTAL RETURN E PRICE INDEX:

DIFFERENZE DI PERFORMANCE

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Fonte: elaborazioni su dati MoneyMate

Come sempre, insomma, si fa in fretta a dire Indice, ma ad uno sguardo più attento le differenze sono molte.

Un investitore consapevole deve ben conoscere i dettagli di ogni strumento o, come in questo caso, le metodologie di calcolo utilizzate per definire il paniere di un indice: da un lato per interpretare correttamente l’andamento del mercato, dall’altro per valutare eventuali strumenti finanziari che abbiano proprio un indice come sottostante.

I mercati finanziari richiedono studio e competenza, ecco perché rivolgersi ad un professionista del settore consente di prendere sempre decisioni informate e ponderate.