Negli ultimi anni, sempre più investitori hanno scoperto gli ETF come strumento potente, efficiente, a basso costo. Con essi, è nato il concetto di “lazy portfolio”: una strategia semplice, statica, diversificata, progettata per ottenere risultati solidi nel tempo con il minimo intervento. La diffusione di piattaforme digitali e broker a basso costo ha reso questa soluzione accessibile a chiunque, aumentando il fascino del fai-da-te.

La logica è semplice: scegliere 2-3 ETF globali ben diversificati, definire una ripartizione tra azionario e obbligazionario coerente con il proprio profilo di rischio, e… lasciarli lavorare nel tempo. Nessuna operazione quotidiana, nessuna ansia da prestazione, nessuna reazione impulsiva ai notiziari.

Ma è proprio qui che nasce il paradosso.

Se da un lato gli ETF possono essere ottimi strumenti per investire in autonomia, dall’altro la loro accessibilità illude molti investitori di potersi sostituire a un gestore professionale, con il rischio di ottenere risultati peggiori anche rispetto a un fondo attivo.

Lazy portfolio: un’idea potente

I portafogli lazy si basano su pochi principi semplici ma estremamente efficaci:

  • allocazione coerente con l’obiettivo di vita e di investimento;
  • orizzonte temporale ben definito (non un generico “lungo termine”);
  • ribilanciamento periodico o automatizzato per evitare derive comportamentali;
  • evitare market timing, previsioni macro e inseguimento delle mode di mercato.

Tra i modelli più noti troviamo il “Three-Fund Portfolio” (ETF su azioni globali, obbligazioni aggregate e mercati emergenti) e l’“All Weather Portfolio” ispirato a Ray Dalio. Questi portafogli hanno dimostrato, con dati storici a supporto, di offrire rendimenti solidi e rischi contenuti, a patto che l’investitore mantenga la rotta.

Sono strutture semplici solo all’apparenza: la loro forza sta nella chiarezza, nella disciplina e nel disinteresse verso le previsioni. Per questo funzionano particolarmente bene quando l’emotività resta fuori dal processo decisionale.

Quando funziona davvero?

La strategia lazy funziona quando l’investitore:

  • conosce i propri obiettivi e il proprio profilo di rischio;
  • mantiene la rotta anche nei momenti di turbolenza;
  • non cambia strategia ogni anno;
  • non cerca di battere il mercato ogni trimestre.

In questo contesto, un ETF è uno strumento. Non una formula magica.

Quando l’ETF diventa un problema

Quando l’investitore “fai-da-te” comincia a:

  • acquistare e vendere ETF sulla base delle notizie del giorno;
  • sostituire continuamente strumenti in cerca della performance perfetta;
  • rincorrere ETF tematici senza logica di portafoglio;
  • ignorare l’impatto fiscale e i costi impliciti.

Allora il rischio è concreto: ottenere rendimenti peggiori di un fondo attivo mediocre.

E i dati cosa ci dicono?

Secondo i dati di ETFGI e Financial News London, durante momenti di stress di mercato come l’aprile 2025, gli investitori europei hanno ritirato oltre 4,8 miliardi di euro da ETF azionari statunitensi, spostandoli verso ETF obbligazionari o del mercato europeo. Questi comportamenti reattivi sono spesso frutto di panico, non di strategia (fonte ETFGIfonte FN London).

Allo stesso modo, nel marzo 2020, secondo IOSCO e ICI, gli ETF investment-grade hanno subito vendite nette attorno al 5-6% degli asset, mentre i fondi tradizionali ne hanno persi oltre il 7% (fonte IOSCOfonte ICI).

Questi dati confermano che, anche con strumenti passivi, il comportamento attivo e impulsivo dell’investitore può danneggiare profondamente i risultati. La potenza dell’ETF si annulla quando viene gestito in modo emotivo, disordinato e incoerente con l’orizzonte di investimento dichiarato.

Riflessione personale: e tu, come ti sei comportato?

Prima di decidere se sei davvero adatto a gestire da solo il tuo portafoglio ETF, prova a porti una domanda semplice, ma potentissima:

  • Cosa hai fatto nel marzo 2020, quando i mercati sono crollati?
  • Hai venduto? Hai resistito? Hai comprato?
  • E oggi, con le tensioni geopolitiche, l’inflazione, i dazi su Cina e tecnologia, come stai reagendo?

Se le tue risposte oscillano tra l’ansia, il panico o l’euforia, allora la tua gestione potrebbe non essere così lazy come pensi.

Ricorda: non è il prodotto a determinare il successo, ma il comportamento.

Il paradosso del risparmiatore autonomo

Un ETF può battere il 90% dei fondi attivi. Ma un investitore che gestisce male i propri ETF può farsi battere anche da un fondo costoso.

La differenza sta nel comportamento, non nel prodotto.

Il ruolo della guida

Un consulente non serve per comprare l’ETF più economico. Serve per:

  • costruire una strategia coerente;
  • evitare le trappole psicologiche;
  • mantenere la rotta nei momenti difficili;
  • educare a una visione di lungo termine.

Chi decide di fare da solo può farlo. Ma deve farlo con metodo. E sapere quando chiedere aiuto.

Conclusione

Il fai-da-te non è un nemico. Ma va rispettato. Come ogni forma di libertà, richiede consapevolezza, disciplina e responsabilità.

Gli ETF sono uno strumento eccezionale. Ma è il comportamento che determina il successo.

Chi si improvvisa gestore, spesso si improvvisa anche perdente.

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