EBI: c’ero prima che diventasse un hashtag
Dieci anni di Evidence-Based Investing spiegati senza slogan
Oggi chiunque parli di investimenti cita l’EBI – Evidence-Based Investing.
Ma la maggior parte delle volte lo fa come si userebbe un’etichetta di marketing: per dare autorevolezza a una strategia che, nella pratica, spesso non ha nulla di “evidence-based”.
Nel tempo, l’EBI è diventato una parola di moda.
E come accade per tutte le mode, ha perso significato.
Io, invece, di EBI parlo da oltre dieci anni.
Quando non era popolare, quando non c’erano hashtag, quando la parola “ETF” non generava like.
Per me l’EBI non è mai stato un tema da cavalcare: è stato — ed è tuttora — un metodo di lavoro, una filosofia e un impegno verso la coerenza e l’onestà intellettuale.
Cos’è l’Evidence-Based Investing (e cosa non è)
Partiamo dalle basi: Evidence-Based significa basato sull’evidenza, cioè sui dati, sulle ricerche, sugli studi accademici e sui risultati osservabili, non sulle opinioni o le mode di mercato.
In ambito medico, il concetto nasce come Evidence-Based Medicine: curare in base a ciò che funziona, dimostrato scientificamente, e non a ciò che “si crede” funzioni.
Nella finanza il principio è identico: investire in base a ciò che i dati mostrano funzionare nel tempo.
E l’evidenza, oggi, ci dice alcune cose molto chiare:
-
L’asset allocation conta più della selezione dei singoli titoli.
-
I costi incidono più delle intuizioni.
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La disciplina e la coerenza battono la brillantezza estemporanea.
Tutto il resto — previsioni, timing, mode tematiche — appartiene al regno delle convinzioni personali, non dell’evidenza.
Quando la “finanza evidence-based” diventa moda
Negli ultimi anni molti consulenti e formatori si sono appropriati dei termini dell’EBI, ma ne hanno estratto solo i frammenti più comodi.
C’è chi lo usa per sostenere che “gli ETF sono meglio dei fondi”, chi per giustificare strategie tematiche di moda, chi per vendere piani “scientifici” costruiti su backtest perfetti… fino al 2010.
Peccato che non esiste nulla di scientifico in un piano che cambia direzione ogni volta che cambia il vento.
La scienza dell’investimento non vive di mode, ma di coerenza, rigore e continuità.
I portafogli perfetti… nel passato
Oggi chiunque, con un foglio Excel, può creare un portafoglio che “avrebbe battuto il mercato” negli ultimi 10 anni.
E sono sempre portafogli impeccabili… a posteriori.
Ma il passato non paga le pensioni.
È facile essere un genio con i dati del passato: basta spostare i pesi, rimuovere gli anni negativi e aggiungere un tema accattivante — magari l’intelligenza artificiale o il nucleare.
Il difficile è costruire un portafoglio che sopravviva al futuro, alle fasi di volatilità, ai cambiamenti dei tassi, ai cicli economici, e soprattutto, alle emozioni dell’investitore.
L’EBI come filosofia di coerenza
L’Evidence-Based Investing, applicato davvero, significa:
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selezionare strumenti efficienti, indipendentemente dall’etichetta (ETF, fondi o soluzioni gestite);
-
costruire un’allocazione coerente con il profilo e l’orizzonte temporale;
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ridurre i costi dove possibile, ma senza confondere l’economicità con l’efficienza;
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mantenere la rotta anche nei momenti di discesa, quando la tentazione di “fare qualcosa” è più forte;
-
comunicare in modo trasparente e verificabile.
In sostanza, significa essere coerenti.
E la coerenza non è una moda, è una disciplina.
Dieci anni di Evidence-Based Investing sul campo
Parlare di EBI in modo “scientifico” significa unire tre dimensioni:
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Evidenza accademica: ciò che la ricerca dimostra sul lungo periodo.
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Evidenza di mercato: ciò che i dati reali mostrano ogni anno (SPIVA, Morningstar, Vanguard, etc.).
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Evidenza comportamentale: come reagiscono davvero gli investitori davanti al rischio, al guadagno e alla paura.
Nel mio lavoro quotidiano, l’EBI è questo:
un metodo pratico che tiene insieme finanza quantitativa e psicologia comportamentale, numeri e persone.
Perché un portafoglio può essere perfetto nei grafici, ma inutile nella vita reale se l’investitore non riesce a mantenerlo quando arriva il ribasso.
L’evidenza senza comportamento è solo teoria.
EBI e consulenza: il valore della trasparenza
Nel mondo digitale, dove chiunque può autoproclamarsi “esperto”, la differenza non la fa chi urla più forte, ma chi sa spiegare la complessità in modo onesto e accessibile.
Essere consulenti significa soprattutto filtrare l’informazione e trasformarla in azione coerente.
Chi applica davvero l’EBI non ha bisogno di slogan.
Ha bisogno di dati, metodo e tempo.
Tre cose che non fanno tendenza sui social, ma fanno la differenza nei portafogli reali.
La differenza tra moda e metodo
La moda del momento cambia ogni sei mesi.
Il metodo rimane.
ETF, fondi, titoli, piani assicurativi: ogni strumento può essere giusto o sbagliato a seconda del contesto.
L’importante è che sia inserito in una strategia coerente e sostenibile.
La verità è che non esiste “il portafoglio migliore”.
Esiste solo il portafoglio che puoi mantenere nel tempo, quello costruito su basi razionali, evidenze solide e una guida professionale che ti aiuti a non sabotarti nei momenti peggiori.
Conclusione: l’evidenza non è un trend, è un impegno
Parlare oggi di Evidence-Based Investing è facile: basta usare due grafici e qualche parola inglese.
Applicarlo ogni giorno con rigore, invece, è un’altra storia.
Io ho scelto di farlo dieci anni fa, quando non era ancora “popolare”.
E continuo a farlo oggi, perché credo che la finanza non debba sedurre, ma educare.
Non convincere, ma accompagnare.
Non inseguire la moda, ma costruire il futuro.
📖 EBI non è un concetto. È un impegno verso la trasparenza, la coerenza e la fiducia.
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Una mappa dei timori finanziari degli italiani
Le paure economiche degli italiani si possono sintetizzare in cinque cerchi principali:
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Costi quotidiani: bollette, carburante, spesa alimentare. L’aumento dei prezzi negli ultimi anni ha inciso in modo diretto sulla vita delle famiglie, portando molti a tagliare consumi e rinviare progetti importanti, come viaggi o ristrutturazioni.
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Reddito reale: il rischio che lo stipendio non basti più a mantenere lo stesso stile di vita è diventato tangibile. Secondo l’OCSE, negli ultimi cinque anni l’Italia ha registrato una delle peggiori performance salariali in Europa.
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Pensioni: il sistema previdenziale italiano è percepito come incerto, e questo alimenta sfiducia e rassegnazione.
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Conoscenza finanziaria: la mancanza di alfabetizzazione porta a decisioni frettolose o all’eccesso di prudenza.
Dati 2019–2025: inflazione e incertezza
La traiettoria dal 2019 a oggi mostra chiaramente come il contesto macroeconomico abbia cambiato la percezione del rischio:
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2019–2020: l’Italia conviveva con tassi a zero e un’inflazione marginale. Le famiglie si chiedevano come far fruttare i propri risparmi senza rischiare troppo.
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2021–2022: la fiammata inflazionistica dovuta a pandemia, crisi energetica e tensioni geopolitiche ha portato l’indice dei prezzi al consumo a livelli record. Non era più una questione di “rendimenti bassi”, ma di sopravvivenza del potere d’acquisto.
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2023–2024: la discesa parziale dei prezzi ha attenuato le tensioni, ma non ha ridato fiducia. Il potere d’acquisto perso non si recupera in pochi mesi, e molte famiglie hanno visto erosi anni di risparmi.
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2025: la preoccupazione resta alta. I dati Censis e ISTAT mostrano un Paese ancora fragile, dove nove italiani su dieci dichiarano di avere timori concreti per la propria situazione economica.
Come i media raccontano queste paure
Ecco alcuni titoli emblematici:
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“Bollette da record, famiglie costrette a tagliare i consumi” (Corriere della Sera, 2022)
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“Il 78% degli italiani teme per la pensione” (Intermedia Channel, 2025)
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“Il 55% degli italiani ha paura di non avere denaro sufficiente per il futuro” (Family Banker, 2024)
La narrazione rinforza l’idea di precarietà: meglio tenere i soldi fermi che rischiarli. Ma è davvero così?
Soluzioni concrete per passare all’azione
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Protezione dall’inflazione
L’inflazione non è solo una statistica: è un “nemico silenzioso” che riduce progressivamente il valore del denaro. Investire una parte del portafoglio in strumenti indicizzati ai prezzi, come BTP Italia o fondi inflation-linked, permette di difendere almeno in parte la propria capacità di spesa. -
Disciplina del risparmio
Rimandare è il vero rischio. Un PAC è uno strumento semplice ma potentissimo: obbliga a risparmiare con regolarità e trasforma la volatilità da nemico ad alleato. Acquistando in momenti diversi del mercato si riduce l’impatto dei ribassi e si costruisce capitale nel tempo. -
Gestione del rischio
La diversificazione non è un concetto astratto ma la chiave per ridurre l’impatto emotivo delle oscillazioni. Avere in portafoglio strumenti decorrelati, con diversi orizzonti temporali, significa accettare piccoli movimenti per evitare scossoni devastanti. I dati SPIVA dimostrano come restare investiti sia più premiante che tentare di anticipare i mercati.
👉 Un approfondimento su questi temi lo trovi anche nel mio libro Investire con la testa – Come gestire le emozioni, evitare gli errori e costruire un piano finanziario solido, pensato proprio per guidare gli investitori a superare paure e improvvisazioni.
Conclusione
Le paure degli italiani sono reali e giustificate. Ma la paralisi è la peggiore risposta: senza un piano, inflazione e tempo erodono inevitabilmente il patrimonio.
Il vero antidoto alla paura è la strategia: costruire un portafoglio equilibrato, un piano previdenziale coerente e, soprattutto, un approccio meno emotivo e più consapevole.
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ETF contro fondi attivi: un confronto reale o un argomento di marketing?
Negli ultimi anni il confronto tra ETF e fondi attivi è diventato un cavallo di battaglia per molti consulenti.
Le statistiche (SPIVA, Morningstar, ESMA) parlano chiaro: la maggior parte dei fondi attivi non riesce a battere i propri indici di riferimento sul lungo periodo.
Ma attenzione: se il dato è corretto, il modo in cui viene usato nella comunicazione è spesso fuorviante.
Molti consulenti che propongono portafogli costruiti con ETF si presentano come campioni della “gestione passiva”, quando in realtà praticano gestione semi-passiva o attiva con ETF.
Il risultato? Un messaggio semplificato e rassicurante per il cliente, ma lontano dalla verità.
1. Da dove nasce il confronto ETF vs fondi attivi
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Studi SPIVA: negli USA oltre il 90% dei fondi attivi large cap ha sottoperformato l’S&P 500 a 15 anni.
-
Morningstar Active/Passive Barometer: in Europa dati simili, con performance inferiori per la maggior parte dei fondi attivi al netto dei costi.
-
ESMA: conferma che i costi elevati dei fondi UCITS riducono la probabilità di battere gli indici.
👉 Dati solidi, ma presentati spesso come: “Fondi attivi perdono, ETF vincono, quindi scegliamo ETF e il gioco è fatto”.
2. Il gioco di marketing dei consulenti
Molti consulenti che propongono portafogli di ETF:
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Usano il termine “gestione passiva” come bandiera.
-
Confrontano un indice (es. MSCI World) con i fondi attivi che cercano di batterlo.
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Mostrano la sottoperformance dei fondi.
-
Concludono: “Con gli ETF sei più efficiente e vinci sempre”.
➡️ Peccato che quella non sia gestione passiva pura, ma semi-passiva: asset allocation, copertura cambio, ribilanciamenti e ottimizzazione fiscale sono scelte attive.
3. Perché il confronto è fuorviante
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Paragone non simmetrico
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Da un lato c’è un indice, senza costi né scelte.
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Dall’altro fondi attivi con costi elevati e mandate diversi.
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Si evita la parola semi-passiva
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Il consulente preferisce dire “passiva” per sembrare più onesto.
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Si ignora il vero valore
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Non è l’ETF in sé a fare la differenza, ma il processo di asset allocation e disciplina.
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4. Esempio pratico
Confrontiamo l’MSCI World con fondi azionari globali attivi:
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L’indice negli ultimi 15 anni ha reso circa il 9% annuo.
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La media dei fondi attivi globali si è fermata al 7%.
👉 Conclusione tipica: “Meglio l’ETF”.
Ma nella pratica il portafoglio del cliente non sarà mai solo MSCI World: ci saranno obbligazioni, emergenti, duration, valute. Tutte scelte attive.
5. Quando l’ETF diventa “attivo travestito”
Molti consulenti parlano di passività ma poi inseriscono:
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ETF fattoriali (value, momentum, low vol).
-
ETF tematici (AI, energia green, robotica).
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Rotazioni settoriali o geografiche.
👉 Questa non è gestione passiva: è gestione attiva con ETF.
6. Quando il consulente diventa gestore attivo con ETF
Se un consulente spinge troppo la discrezionalità – scegliendo settori, temi, fattori, valute, tempi di ingresso e uscita – smette di fare semi-passiva e diventa a tutti gli effetti un gestore attivo con ETF.
👉 Ma siamo sicuri che un consulente che fa il “gestore attivo” sugli ETF sia davvero capace di fare meglio di un fondo attivo tradizionale?
-
I fondi attivi hanno team di analisti, processi strutturati, strumenti di ricerca.
-
Un consulente singolo rischia di cadere nelle stesse trappole di qualsiasi investitore retail: market timing, mode di mercato, scelte emotive.
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Con gli ETF i costi sono bassi, ma se le scelte sono sbagliate non basta a salvare il rendimento.
➡️ È il rischio della sindrome del gestore: partire vendendo la passività, per poi cedere alla tentazione di dimostrare il proprio valore con scelte attive.
7. ETF e bias comportamentali: il paradosso della consulenza
Gli ETF sono nati per:
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Ridurre i costi.
-
Limitare gli errori comportamentali degli investitori (evitare market timing e trading eccessivo).
Ma se un consulente usa gli ETF per fare semi-passiva o addirittura attiva, rischia di introdurre proprio quei bias che gli ETF volevano eliminare:
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Market timing mascherato (aumentare o ridurre l’azionario in base al momento).
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Overtrading (rotazioni continue tra settori o temi).
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Home bias/narrative bias (scelte dettate dalle mode del momento).
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Illusione di controllo (far credere al cliente che “muoversi spesso” significhi protezione).
👉 Paradosso: lo strumento nato per semplificare e togliere emotività diventa il mezzo con cui si introducono più complessità e comportamenti irrazionali.
8. Il confronto corretto: processo vs processo
Il vero paragone non è “ETF vs fondi attivi”, ma:
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Processo semi-passivo con ETF (asset allocation chiara, disciplina, fiscalità).
VS -
Processo attivo tradizionale (stock picking, market timing, discrezionalità).
👉 Solo così il cliente capisce la differenza reale.
Conclusione
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Il confronto ETF vs fondi attivi è spesso usato come strumento di marketing.
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Ma se il consulente diventa un gestore attivo con ETF, il rischio è replicare gli stessi errori dei fondi attivi.
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Peggio ancora: così facendo si rischia di aumentare l’incidenza dei bias comportamentali, proprio quelli che gli ETF erano nati per ridurre.
La vera differenza non è tra ETF e fondi attivi, ma tra chi ha un processo trasparente e disciplinato e chi si affida a slogan e tatticismi.
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Dalla filosofia di Bogle alla realtà: cos’è davvero la gestione semi-passiva con ETF
John Bogle, fondatore di Vanguard e padre della gestione passiva, diceva:
“Non cercare l’ago nel pagliaio. Compra l’intero pagliaio.”
La sua visione era rivoluzionaria: smettere di rincorrere i titoli vincenti e possedere l’intero mercato a costi minimi.
Questa è la definizione originaria di gestione passiva: comprare l’indice di mercato, mantenerlo, ridurre i costi, eliminare ogni tentativo di market timing.
Ma c’è un problema: nella realtà nessun consulente propone davvero questo approccio, e quasi nessun investitore riesce ad applicarlo.
La gestione passiva pura secondo Bogle
-
Un singolo fondo indicizzato che replica l’intero mercato.
-
Nessuna selezione settoriale, nessuna copertura valutaria, nessun ribilanciamento “intelligente”.
-
Costi minimi e disciplina assoluta.
-
L’investitore compra, detiene e dimentica.
👉 In teoria, questa è la forma più efficiente e coerente di gestione passiva.
Perché nessuno la propone davvero
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Consulenti: non la presentano mai come unica soluzione, perché nella pratica devono costruire portafogli che rispondano a esigenze reali (orizzonte temporale, fiscalità italiana, diversificazione obbligazionaria, obiettivi di vita).
-
Investitori: pochi riescono a mantenere un unico ETF globale per 20-30 anni senza mai intervenire. Alla prima crisi o alla prima moda di mercato, scatta la tentazione di “fare qualcosa”.
-
Industria: preferisce proporre soluzioni più articolate, con più strumenti e cambi periodici, perché così il cliente percepisce “attività” e “cura” continua. Un singolo ETF buy & hold darebbe l’idea di immobilità e semplicità estrema — difficile da vendere in un mondo dove tutti cercano novità e complessità.
👉 Risultato: la gestione passiva pura resta un ideale teorico. Nessun consulente la applica davvero nella realtà.
Il compromesso più vicino: Vanguard LifeStrategy
Gli unici portafogli che si avvicinano concretamente alla filosofia di Bogle sono i Vanguard LifeStrategy:
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Portafogli bilanciati (20%, 40%, 60%, 80% azionario).
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Diversificazione globale interna.
-
Ribilanciamento automatico.
-
Struttura chiara e costi contenuti.
➡️ Ma anche qui, la “purezza” è relativa: c’è una scelta iniziale di asset allocation e un ribilanciamento meccanico deciso da Vanguard.
E soprattutto, pochissimi consulenti li propongono come unica soluzione ai clienti.
La gestione semi-passiva: la realtà dei portafogli con ETF
È la forma che domina davvero:
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Uso di ETF indicizzati come strumenti principali.
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Scelte attive sull’asset allocation (azionario, obbligazionario, emergenti, duration).
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Ribilanciamenti periodici (calendario o bande).
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Possibile copertura del rischio cambio.
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Ottimizzazione fiscale (soprattutto in Italia, con gli ETF armonizzati UCITS).
👉 È semi-passiva perché usa strumenti passivi, ma all’interno di un processo di scelte attive.
Il valore sta nella trasparenza, nella disciplina e nel controllo dei costi.
La gestione attiva con ETF: quando la discrezionalità prende il sopravvento
Qui l’ETF diventa solo un veicolo per fare gestione attiva:
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Rotazioni settoriali e geografiche.
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ETF tematici (AI, green energy, clean tech).
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Timing di mercato (ridurre azionario in correzioni, aumentarlo nei rally).
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Overlay di derivati o strategie fattoriali dinamiche.
👉 È attivo a tutti gli effetti, solo che al posto dei singoli titoli si usano ETF.
La vera questione: processo, non etichette
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Parlare di “gestione passiva” è rassicurante ma fuorviante.
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Parlare di “attiva” spaventa perché fa pensare a costi eccessivi e tentativi di battere il mercato.
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La verità è che ciò che conta è il processo: avere regole chiare, costi bassi, disciplina, e adattare il portafoglio all’investitore.
👉 La gestione semi-passiva, ben fatta, è oggi l’approccio più realistico ed efficace per la maggior parte degli investitori.
Conclusione
La lezione di Bogle è ancora attuale: meno costi, più disciplina, niente rincorsa ai trend.
Ma il mondo reale impone compromessi.
I consulenti non propongono mai la gestione passiva pura, perché non si adatta agli investitori e non risponde a esigenze pratiche.
Non esistono portafogli completamente passivi.
Esistono portafogli costruiti con strumenti passivi, ma gestiti con scelte attive più o meno dichiarate.
👉 La vera differenza non è tra attivo e passivo, ma tra chi ti vende slogan e chi ti costruisce un processo trasparente e coerente con i tuoi obiettivi.
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Call to Action
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Gestione passiva: il mito che non esiste
Negli ultimi anni la parola “passivo” è diventata una calamita per investitori e consulenti.
Sui social spopolano post che promettono la gestione passiva come soluzione definitiva: costi bassi, semplicità, trasparenza.
Il problema? La gestione passiva pura non esiste.
Nessuno, nella pratica, investe senza compiere scelte. Ogni portafoglio, anche costruito con ETF indicizzati, è il frutto di decisioni attive: quale indice seguire, come ponderarlo, quando ribilanciare, se coprire il cambio, come gestire la parte obbligazionaria, che fiscalità applicare.
Chi vende la “gestione passiva” senza spiegare queste scelte non sta facendo vera educazione finanziaria: sta facendo marketing.
La grande illusione: indici come “natura del mercato”
Molti pensano che comprare un ETF sull’S&P 500 significhi “comprare il mercato americano”.
In realtà:
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L’S&P 500 è gestito da un comitato discrezionale che decide ingressi ed esclusioni. Non è “automatico”: Tesla fu esclusa a lungo nonostante fosse già enorme in capitalizzazione.
-
L’MSCI World e il FTSE All World hanno differenze rilevanti (numero di titoli, peso degli emergenti, criteri di inclusione).
-
L’MSCI Emerging Markets considera la Corea del Sud come emergente, mentre FTSE la classifica come sviluppata.
➡️ Prima ancora di acquistare l’ETF, qualcuno ha già fatto scelte attive nella costruzione dell’indice.
La scelta dell’indice: già gestione attiva
Quando un consulente seleziona un ETF per il cliente, prende decisioni che influenzano pesantemente i rendimenti futuri.
Esempio pratico (10 anni al 2024):
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S&P 500 cap-weighted: rendimento annuo medio +12,9%.
-
S&P 500 equal-weighted: rendimento annuo medio +10,2%.
Due indici “sullo stesso mercato”, due risultati molto diversi.
➡️ La scelta dell’indice è già gestione attiva.
La ponderazione: un “bet” nascosto
Gli indici ponderati per capitalizzazione concentrano il portafoglio su pochi giganti tecnologici.
-
Oggi l’S&P 500 vede oltre il 30% del peso nei Magnificent Seven (Apple, Microsoft, Google, Amazon, Nvidia, Meta, Tesla).
-
Un indice equal-weight riduce questa concentrazione ma aumenta l’esposizione a mid e small cap.
Non esiste un modo “neutro” di pesare il mercato: ogni schema di ponderazione implica una visione.
ETF passivi? Non proprio
Gli ETF replicano un indice, ma l’implementazione è tutt’altro che passiva:
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Replica fisica totale o campionata: influisce su tracking error e costi.
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Copertura valutaria (hedged): il gestore decide come e quando rollare i contratti derivati.
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ETF smart beta e tematici: si presentano come “passivi”, ma dietro hanno criteri di selezione molto attivi (fattori, settori, esclusioni ESG).
➡️ Parlare di “ETF passivo” è improprio: si tratta di strumenti che applicano regole attive in maniera standardizzata.
La consulenza “con ETF”: semi-attiva per definizione
Quando un consulente propone un portafoglio di ETF, fa scelte attive:
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Asset allocation: decidere quanto azionario, quanto obbligazionario, quanto emergente.
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Valute: usare o meno versioni hedged, con impatto diretto sulla volatilità.
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Ribilanciamento: stabilire frequenza e criteri (calendario fisso o bande di tolleranza).
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Fiscalità: ottimizzare la tassazione italiana con ETF armonizzati UCITS.
➡️ Questa non è gestione passiva: è gestione semi-attiva tramite strumenti passivi.
Perché allora tutti parlano di “passivo”?
Tre motivi principali:
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Marketing: “passivo” suona semplice, rassicurante e low-cost.
-
Contrasto con i fondi tradizionali: dire “noi siamo passivi” è un modo per differenziarsi dall’industria costosa e poco trasparente.
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Moda social: oggi passivo = intelligente. Ma è una semplificazione utile a fare engagement, non a spiegare davvero la complessità.
Attivo vs passivo: cosa conta davvero
I dati SPIVA dimostrano che la maggioranza dei fondi attivi sottoperforma gli indici di riferimento su orizzonti lunghi.
Ma questo non significa che l’investitore possa limitarsi a “comprare un ETF e dimenticarsene”.
Serve un processo che definisca:
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Asset allocation coerente con gli obiettivi.
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Regole di ribilanciamento.
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Disciplina comportamentale (per non vendere nei crolli).
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Ottimizzazione fiscale.
➡️ La vera differenza non è tra attivo e passivo, ma tra chi ha un processo trasparente e disciplinato e chi si affida a slogan.
Una scala della passività (per capire dove sei)
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Quasi-passivo: 1–2 ETF globali (azionario e obbligazionario) + ribilanciamento annuale meccanico.
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Semi-attivo (la maggioranza dei casi): portafoglio con 5–10 ETF, ribilanciamenti, copertura cambio, qualche tilt fattoriale.
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Attivo con ETF: uso di ETF tematici, rotazioni settoriali, market timing.
Più sali, più cresce la discrezionalità.
Domande da fare al consulente
Per capire se la tua “gestione passiva” è davvero tale, chiedi:
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Quale indice avete scelto e perché?
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Come gestite il ribilanciamento?
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Come trattate il rischio cambio?
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Quali sono i costi totali (TER, spread, fiscalità)?
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Qual è la percentuale di portafoglio che può cambiare in base alle condizioni di mercato?
Chi non sa rispondere con chiarezza, probabilmente ti sta vendendo uno slogan.
Conclusione
La gestione passiva pura è un mito.
Ogni portafoglio implica scelte attive.
La differenza vera sta nella trasparenza e nella disciplina:
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passivi nei costi,
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attivi nelle decisioni che contano (asset allocation, fiscalità, gestione comportamentale).
La gestione intelligente non è “passiva”: è onesta.
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Disciplina e costanza: le due chiavi dell’Alpha del consulente finanziario
Introduzione
C’è un equivoco diffuso tra gli investitori: credere che il successo dipenda dall’intuizione giusta al momento giusto. Comprare il titolo vincente, azzeccare il minimo di mercato, vendere prima del crollo.
La realtà, confermata da anni di ricerche, è molto diversa: non sono i colpi di fortuna a determinare la performance, ma il comportamento costante e disciplinato nel tempo.
Vanguard ha sintetizzato questa verità in un modello chiamato Advisor’s Alpha, che mostra come un consulente finanziario possa aggiungere fino a 3% di rendimento netto in più ogni anno al portafoglio dei propri clienti.
In questo articolo andremo oltre i numeri, per capire perché disciplina e costanza sono le vere chiavi del rendimento, e perché – se non sei stato costante negli ultimi cinque anni – probabilmente non lo sarai mai. E allora la soluzione è affidarsi a qualcuno che quella costanza la rende un metodo, non un optional.
I 7 punti dell’Advisor’s Alpha (spiegati semplice)
Il modello sviluppato da Vanguard non è un manuale di tecnicismi, ma una guida pratica su dove nasce il valore aggiunto di una consulenza finanziaria di qualità.
Ecco i 7 moduli chiave che compongono l’Advisor’s Alpha:
1. Asset allocation strategica
Non esiste un portafoglio perfetto per tutti. Esiste invece un portafoglio coerente con i tuoi obiettivi, la tua tolleranza al rischio, e il tuo orizzonte temporale.
Il primo compito del consulente è costruire una struttura robusta, diversificata, che resista ai cicli economici e alle crisi improvvise.
2. Implementazione al costo giusto
Investire al costo più basso non è sempre la scelta migliore. Quello che conta è il costo giusto, cioè coerente con il valore che ricevi.
Un fondo passivo a basso costo può essere perfetto per un’esposizione di base, ma un fondo attivo in un mercato di nicchia potrebbe valere la spesa extra. La differenza la fa il metodo con cui questi strumenti vengono integrati nel tuo piano.
3. Ribilanciamento periodico
I mercati si muovono, e con loro i pesi dei tuoi investimenti. Senza un ribilanciamento regolare, rischi di avere un portafoglio troppo esposto ad alcune aree e troppo poco ad altre.
Il ribilanciamento non è un gesto tecnico: è un atto di disciplina, che ti protegge dal lasciarti guidare dall’euforia o dal panico.
4. Coaching comportamentale
Il valore più grande di un consulente è spesso invisibile: impedirti di prendere decisioni dannose.
Vendere tutto durante un crollo o comprare solo i titoli che “vanno di moda” sono errori comuni. Il coaching comportamentale serve a mantenerti fedele al piano. Vanguard stima che solo questa parte valga fino a 150 punti base (1,5%) del rendimento annuo.
5. Asset location (efficienza fiscale)
Non conta solo cosa compri, ma dove lo tieni.
Collocare gli strumenti finanziari negli strumenti giuridici e fiscali più adatti (conti titoli, fondi pensione, polizze) può ridurre l’impatto delle tasse e aumentare il rendimento netto.
6. Strategie di prelievo
Per chi è in fase di decumulo, non basta vendere “quando serve”. La sequenza con cui disinvesti può cambiare radicalmente la sostenibilità del tuo capitale.
Un consulente pianifica i prelievi in modo efficiente, riducendo le tasse e massimizzando la durata del patrimonio.
7. Gestione reddito vs. rendimento totale
Molti investitori cercano ancora “cedole e dividendi” come unica fonte di reddito. In realtà, ciò che conta è il rendimento totale.
Concentrarsi solo sul reddito può portare a scelte inefficaci. Un consulente sposta l’attenzione sul quadro complessivo, facendo lavorare insieme crescita del capitale e flussi periodici.
Dove nasce davvero l’extra rendimento?
Tutti e 7 i punti sono importanti, ma senza disciplina e costanza non portano frutto.
La verità è che la maggior parte degli investitori non è costante.
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Saltano un versamento quando il mercato scende.
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Comprano titoli in ritardo, quando i giornali parlano di rally.
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Vendono troppo presto per paura di perdere i guadagni.
È qui che il consulente entra in gioco, trasformando un comportamento altalenante in un percorso lineare e costante.
La metafora calcistica: il campionato contro la partita
Il calcio ci offre un’immagine perfetta:
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Il talento ti fa vincere una partita.
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La costanza ti fa vincere un campionato.
Un attaccante può segnare una tripletta in una partita importante, ma se non si allena ogni giorno, se non mantiene la forma fisica, se non rispetta la tattica dell’allenatore, la sua carriera si spegne presto.
Allo stesso modo, un investitore può azzeccare un investimento fortunato, ma senza metodo e costanza non costruirà mai un percorso finanziario duraturo.
La parte provocatoria: la sfida all’investitore
Qui voglio essere diretto, senza giri di parole:
👉 Se negli ultimi 5 anni non sei stato costante, non lo sarai mai.
Se hai saltato PAC, se hai venduto durante i ribassi, se hai cambiato continuamente strategia… non illuderti che da domani diventerai disciplinato.
La costanza non è un dono che arriva all’improvviso. È un talento che si allena. Ma se non hai iniziato ad allenarlo, non lo costruirai da solo.
La soluzione?
Meglio affidarti a chi la costanza l’ha trasformata in metodo di lavoro. Un consulente che non cede alle emozioni, che applica processi, che ti protegge dai tuoi stessi istinti.
Perché da soli non basta
L’investitore “fai da te” cade spesso nelle stesse trappole:
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Compra quando i mercati sono già ai massimi.
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Vende nel panico dei ribassi.
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Cerca di “indovinare” i trend di breve periodo.
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Sceglie strumenti sulla base delle mode o del passaparola.
Il problema non è la mancanza di informazioni: oggi abbiamo accesso a più dati che mai. Il problema è la mancanza di disciplina.
Un consulente non ti fornisce un “oracolo” sui mercati. Ti offre invece un metodo che ti obbliga a rimanere in campo fino al 90°, anche quando vorresti mollare.
Quanto vale tutto questo?
Secondo Vanguard, la somma dei 7 moduli dell’Advisor’s Alpha può aggiungere fino a 300 punti base (3% netti) di rendimento annuo.
Facciamo due conti concreti:
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Su un capitale di 200.000 €, un +3% annuo per 20 anni significa oltre 135.000 € in più.
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Non per “intuizione geniale”, ma per disciplina, costanza e metodo.
Conclusione: la tua scelta
Ti lascio con una domanda semplice ma decisiva:
➡️ Vuoi continuare a inseguire il colpo di fortuna, o vuoi costruire un percorso che ti garantisca costanza e disciplina?
La prima strada è un’illusione che spesso si paga cara.
La seconda è un metodo che nel tempo porta risultati concreti.
Se vuoi capire come applicare l’Advisor’s Alpha al tuo portafoglio, e come trasformare la disciplina in rendimento, contattami: costruiremo insieme il tuo piano.
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Cliente ideale o cliente difficile? Guida pratica per costruire una relazione vincente con il tuo consulente finanziario
Nel rapporto tra cliente e consulente finanziario, ci sono due estremi da evitare: il cliente che nasconde tutto e quello che pretende risposte magiche senza dare informazioni. In mezzo? Lo spazio ideale per costruire una relazione fiduciaria, strategica e proficua per entrambi.
Vediamo insieme quali decisioni è utile condividere, quali comportamenti sarebbe meglio evitare, e cosa distingue davvero un "buon cliente" da uno che complica tutto.
🔍 Quando è fondamentale coinvolgere il consulente finanziario?
Ecco un elenco di situazioni in cui è altamente consigliato confrontarsi con il proprio consulente:
📌 Acquisti importanti
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Acquisto casa o seconda casa
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Ristrutturazioni significative
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Imbarcazioni o beni di lusso
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Investimenti in proprietà per vacanze o affitti brevi
🧬 Cambiamenti di vita
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Matrimonio, divorzio, figli
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Pensionamento anticipato
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Cambio lavoro, trasferimenti, espatrio
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Malattie gravi o decessi in famiglia
💼 Iniziative imprenditoriali o investimenti
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Avvio o vendita di un’attività
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Stock option, equity, investimenti privati
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Cambi di regime fiscale o patrimoniale
🏦 Liquidità e riserve
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Apertura di conti esterni o polizze non condivise
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Grandi movimenti di denaro non pianificati
🧾 Pianificazione “noiosa” ma cruciale
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Testamenti, successioni, trust, pianificazione assicurativa
🎯 Obiettivi e cambiamenti di rotta
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Nuove ambizioni, sogni o priorità
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Revisione del profilo di rischio
💳 Abitudini di spesa e risparmio
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Modifiche consistenti al budget familiare
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Aumento o diminuzione della capacità di risparmio
👉 Più il consulente sa, più potrà tutelarti. Anche se pensi che alcune decisioni siano “private”, le conseguenze finanziarie spesso non lo sono.
😓 Chi è un “cattivo cliente”? (E come evitarlo)
Per capire cosa rende difficile una relazione di consulenza, prendiamo in prestito l’approccio di Charlie Munger: invertiamo il ragionamento.
📉 Il "cacciatore di performance"
“Perché non batto l’S&P 500? Perché il mio amico ha guadagnato di più?”
Insegue benchmark e paragoni inutili, dimenticando che ogni portafoglio ha obiettivi, rischi e orizzonti diversi.
⏳ Il "recency biased"
“Dovevo investire tutto su Nvidia! Perché ho ancora azioni che stanno perdendo?”
Legge il mercato col senno di poi e dimentica la logica della diversificazione.
🌪️ Il "macro-ansioso"
“Il debito pubblico esploderà! La BCE sbaglia tutto! L’oro è l’unica salvezza!”
Vive di titoli di giornale e agisce in base alla paura, non ai fatti.
⚖️ Il "bloccato"
“E se perdo soldi? E se non ne guadagno abbastanza?”
Immobilizzato dal dubbio, incapace di decidere o fidarsi del piano.
🎲 L’irrealista
“Voglio solo le azioni migliori ogni anno. E zero volatilità. Mi bastano il 12% annuo garantito…”
Pretende miracoli, ma rifiuta i compromessi della realtà.
⏱️ Il market timer
“Vendiamo tutto fino a dopo le elezioni. Poi rientro…”
Sempre fuori tempo. Sempre in ritardo. E spesso, sempre pentito.
🧩 Come diventare il cliente ideale?
Non serve essere esperti di finanza. Serve consapevolezza, fiducia, comunicazione. Ecco i tratti che rendono un cliente davvero efficace:
🎯 Chiarezza su obiettivi e priorità
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Vuoi più sicurezza o più rendimento?
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Preferisci semplicità o ottimizzazione fiscale?
Il consulente non può indovinare le tue preferenze. Se gliele comunichi con chiarezza, sarà in grado di costruire il piano su misura.
❓ Domande, non sospetti
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Perché ho questo asset in portafoglio?
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Quali sono i costi totali?
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Come si integra questo strumento nel mio piano?
Un buon consulente apprezza le domande. Non si offende. Le utilizza per consolidare la relazione.
🔁 Comunicazione proattiva
Se stai per fare una scelta importante, anche non finanziaria, parlane prima. Potrebbe avere impatti su tasse, previdenza o investimenti.
🤝 Fiducia nel processo (dopo averlo compreso)
Puoi delegare la gestione, ma non la comprensione.
Il piano è tuo. Devi conoscerne i principi guida. Il consulente è il navigatore, ma la direzione la dai tu.
💬 Intelligenza emotiva
Parlare di denaro spesso tocca ansie, paure, desideri, errori del passato. Condividerli aiuta il consulente a capire i tuoi veri punti critici.
🎓 In conclusione
Un bravo consulente non ti giudica. Non ti misura sui rendimenti. Ti aiuta a prendere decisioni consapevoli, anche emotivamente complesse. Ma per riuscirci ha bisogno di dati, contesto e fiducia.
💡 La regola d’oro? Non aspettare di aver sbagliato per parlare con il tuo consulente. Chiamalo prima. Sempre.
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🔗 Come evitare di inseguire i rendimenti: il costo nascosto del market timing
Scopri perché confrontare il tuo portafoglio con benchmark o amici può essere una trappola mentale dannosa.
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Un approfondimento sul sovraccarico informativo e su come restare focalizzati sul proprio piano.
🔗 Mente e mercati: perché cambiare è così difficile?
Una guida per comprendere i blocchi psicologici e comportamentali che ostacolano le decisioni finanziarie.
🚀 Vuoi migliorare il tuo rapporto con la finanza?
Scrivimi e parliamone insieme.
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La paura è il prezzo da pagare: come guadagnare restando calmi nei momenti peggiori
Immagina di salire su un ottovolante. Il cuore batte forte, l’ansia sale, ma in fondo sai che fa parte del gioco. Ecco, investire funziona esattamente così.
Ogni investitore, prima o poi, affronta momenti in cui tutto sembra crollare. La vera domanda non è se accadrà, ma come reagirai quando succederà.
Il prezzo invisibile degli investimenti
Nessun pasto è gratis, diceva Milton Friedman.
E nel mondo degli investimenti, il prezzo non è solo in euro. È emozionale. La volatilità è il prezzo da pagare per avere accesso ai rendimenti superiori delle azioni. È come un pedaggio che nessuno può evitare, anche i più esperti.
La paura come peggior nemico
Uno dei grafici più famosi mostra cosa succede se perdi solo i 10 migliori giorni di mercato: i tuoi rendimenti crollano.
E sai perché si perdono quei giorni? Perché si esce quando si ha paura. L’investitore medio non perde denaro per colpa dei mercati, ma per colpa delle proprie emozioni.
I drawdown fanno parte del gioco
Dal 1928 a oggi, il mercato azionario americano ha avuto almeno una correzione (ribasso >10%) ogni 2 anni e un bear market (>20%) ogni 6.
Eppure ha generato una ricchezza immensa. Il tempo è l’unico antidoto alla volatilità. Nessuno sa quando arriverà il prossimo ribasso, ma possiamo essere certi che ne arriverà uno. La strategia è restare investiti.
## Psicologia e comportamenti irrazionali
Daniel Kahneman lo ha spiegato bene: l’avversione alle perdite è due volte più potente del piacere del guadagno.
Questo ci porta a prendere decisioni pessime, tipo vendere quando il mercato scende e comprare quando tutto va bene. Serve una strategia, serve un piano. E, se possibile, serve un consulente che ti tenga fermo al timone.
## Come affrontare la volatilità (davvero)
1. Stabilisci obiettivi chiari: casa, pensione, studio dei figli.
2.
Costruisci un portafoglio coerente: azioni per la crescita, obbligazioni per la stabilità.
3. Accetta che i ribassi arrivano. Non evitarli, pianificali.
4. Automatizza i tuoi investimenti: PAC e ribilanciamenti aiutano a eliminare l’emotività.
5. Fatti accompagnare da un professionista: è più difficile mollare quando qualcuno rema con te.
## Citazioni che contano
- “Il rischio è il prezzo che paghi per ottenere rendimento.” – Morgan Housel
- “Il tuo peggior nemico sei tu.” – Carl Richards
- “Essere un investitore di successo non significa essere intelligenti.
Significa avere autocontrollo.” – Benjamin Graham
## Conclusione
Ogni volta che il mercato crolla, si presenta un’opportunità. Ma solo per chi ha il coraggio – o la disciplina – di restare. Questo non significa ignorare la paura, ma imparare a conviverci. Come in ogni cosa della vita, è proprio l’attraversare la tempesta che ti fa crescere.
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👉 Se vuoi costruire una strategia su misura per te, **scrivimi**: ogni obiettivo può diventare realtà con il giusto piano.
Ma devi cominciare prima che arrivi il prossimo ribasso.
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📊 Immagine esplicativa
Questa immagine mostra la differenza di rendimento tra restare investiti durante i ribassi e reagire emotivamente con vendite premature.
📊 Immagine esplicativa
Questa immagine mostra la differenza di rendimento tra restare investiti durante i ribassi e reagire emotivamente con vendite premature.
20 insegnamenti dall’esperienza di Ben Carlson
Recentemente il noto Consulente finanziario americano, Ben Carlson, ha festeggiato i venti anni di professione. Lo seguo sin dall’inizio della mia attuale professione traendo sempre molti spunti sia sul risparmio gestito che sulla pianificazione finanziaria.

Oggi ho ripreso 20 delle sue principali considerazioni frutto di esperienza, colloqui e vita vissuta nelle “trincea” degli investimenti personal.
- Le esperienze modellano la tua percezione del rischio. La tua capacità e necessità di assumerti rischi dovrebbero basarsi sulla tua fase della vita, sull’orizzonte temporale, sulle circostanze finanziarie e sugli obiettivi.
Ma il tuo desiderio di correre rischi spesso prevale su tutto ciò, a seconda delle tue esperienze di vita. Se hai lavorato presso Enron o Lehman Brothers o AIG o hai investito con Madoff, la tua propensione al rischio sarà alterata per sempre.
E va bene finché pianifichi di conseguenza.
- L'intelligenza non garantisce il successo degli investimenti. Warren Buffett una volta scrisse: “Investire non è un gioco in cui il ragazzo con un QI di 160 batte quello con un QI di 130. Una volta che hai un’intelligenza ordinaria, ciò di cui hai bisogno è il temperamento per controllare gli impulsi che mettono nei guai altre persone nell’investire”.
Ho incontrato così tante persone altamente istruite che sono pessimi investitori. Non riescono a controllare le proprie emozioni perché il loro pedigree accademico li rende eccessivamente sicuri delle proprie capacità.
L’intelligenza emotiva è il vero segno dell’intelligenza negli investimenti.
- Nessuno vive la vita a lungo termine. I rendimenti a lungo termine sono gli unici che contano, ma per arrivarci è necessario sopravvivere a una serie di periodi a breve termine.
La buona strategia a cui puoi attenerti in questi brevi termini è preferibile alla strategia perfetta a cui non puoi attenerti.
- L’unica domanda del cliente che conta è: “Starò bene?” Ogni situazione è unica in quanto ognuno ha le proprie paure e desideri.
La risposta che tutti cercano è la stessa, però: dimmi solo che starò bene.
- Non è mai stato così facile o difficile impostarlo e dimenticarlo. Gli investitori non si sono mai trovati meglio in termini di capacità di automatizzare investimenti, contributi, allocazioni, ribilanciamento e reinvestimento dei dividendi.
Ma non c'è mai stata così tanta tentazione di armeggiare con il tuo portafoglio "imposta e dimentica" a causa di tutti i nuovi prodotti di investimento, fondi, piattaforme di trading a commissione zero e opportunità di trading.
Ogni giorno diventa sempre più difficile evitare il nuovo frutto proibito.
- I ricchi odiano pagare le tasse più di quanto preferiscano guadagnare di più. Sto scherzando solo a metà, ma più soldi le persone hanno più cercano modi per evitare di pagare lo Zio Sam.
- Diventare ricchi da un giorno all'altro è una maledizione, non una benedizione. Sono convinto che le persone che accumulano ricchezza lentamente nel corso della loro carriera siano molto più attrezzate a gestire il denaro rispetto a coloro che vi entrano facilmente.
Significa di più per coloro che hanno acquisito ricchezza attraverso la pazienza e la disciplina.
- Investire è difficile. Paradossalmente, arrivare a questa realizzazione può renderlo un po’ più semplice.
- I rischi maggiori sono sempre gli stessi…ma diversi. Il rischio successivo raramente è uguale all’ultimo rischio perché ogni contesto di mercato è diverso.
D’altro canto, gli errori più grandi commessi dagli investitori sono spesso gli stessi: timing del mercato, pregiudizi legati al passato, paura quando gli altri sono timorosi e avidi quando gli altri sono avidi e investimento nelle ultime mode passeggere.
È sempre un mercato diverso, ma la natura umana è la costante.
- Al mercato non interessa quanto sei intelligente. Non esiste un alfa per il grado di difficoltà quando si investe.
Impegnarsi di più non garantisce maggiori profitti.
- Un prodotto non è un portafoglio e un portafoglio non è un piano. Più lo faccio, più mi rendo conto che la finanza personale e la pianificazione finanziaria sono prerequisiti per investire con successo.
- Pensare troppo può essere altrettanto debilitante quanto non pensare affatto. Investire implica un’incertezza irriducibile riguardo al futuro.
Devi abituarti a prendere decisioni di investimento con informazioni imperfette.
- Il rischio di carriera spiega la maggior parte delle decisioni irrazionali nel settore degli investimenti. Ci sono un sacco di sciocchezze che accadono nel settore degli investimenti. La maggior parte di ciò può essere spiegata dagli incentivi.
- Non esiste un portafoglio perfetto. Il portafoglio migliore è quello a cui puoi restare fedele in ogni caso, non quello più ottimizzato per formule o fogli di calcolo stupidi.
- Sono le nostre emozioni ad essere truccate, non il mercato azionario. Il mercato azionario è una delle ultime istituzioni rispettabili. Non è truccato contro di te o di chiunque altro.
Gli Illuminati non vogliono prenderti, ma le tue emozioni potrebbero esserlo se non sai come controllarle.
- L'esperienza non è la stessa cosa della competenza. Solo perché fai qualcosa da molto tempo non significa che sei un esperto.
Conosco molti investitori esperti che combattono costantemente l'ultima guerra a proprio danno.
Quante persone che hanno “chiamato” il crollo del 2008 si sono completamente perse il conseguente mercato rialzista? Tutti loro?
Quante leggende degli investimenti diventano permanenti man mano che invecchiano perché non riescono a riconoscere come i mercati sono cambiati nel tempo?
Molti professionisti degli investimenti che operano nel settore da molti anni commettono sempre gli stessi errori.
- Avere sempre ragione è sopravvalutato. Guadagnare è più importante che avere ragione sul mercato.
Le previsioni riguardano più l’ego che il guadagno.
- C'è una grande differenza tra ricchi e benestanti. Molte persone ricche sono infelici. Queste persone non sono ricche, indipendentemente da quanti soldi abbiano.
Ci sono molte persone che non sarebbero considerate ricche in base all'entità del loro patrimonio netto e che sono ricche oltre ogni immaginazione a causa della loro famiglia, dei loro amici e della soddisfazione generale per ciò che hanno.
- L’ottimismo dovrebbe essere il tuo valore predefinito. Mi rattrista vedere ogni anno un numero crescente di persone ciniche e pessimiste.
Capisco che il mondo possa essere un luogo spietato e che le cose non saranno mai perfette, ma investire è un gioco in cui vincono gli ottimisti.
- Meno è di più. Nel corso degli anni ho cambiato idea su molti argomenti legati agli investimenti. Ma non mi convincerai mai che il complesso sia meglio del semplice.
Molti investitori presumono che complicato significhi sofisticato quando la semplicità è la vera forma di sofisticazione quando si tratta di successo negli investimenti.
Trovo eccezionale quanto espresso dal collega e la chiarezza con cui lo fa. Mi permetto un’ultima considerazione, la ventunesima che racchiude tutto:
Quando tutti inizieremo a capire che il successo della propria finanza personale è la semplicità sono certo che avremo molte più soddisfazioni oltre che meno mal di stomaco ed un maggiore tempo da dedicare a ciò che ci rende felici.
Cinque immagini per una buona consulenza finanziaria
Sin dall’inizio della mia esperienza da consulente finanziario ho sempre alimentato la mia curiosità cercando letture, spunti ed ispirazione da tutto il mondo. Una delle più efficaci è sempre stata Visualize Value , di Jack Butcher. La creazione di immagini semplici ma potenti permette di mostrare concetti complessi in maniera fruibile ai più, ed è essenziale nella mia professione.
Ecco cinque dei miei elementi visivi preferiti di Visualize Value per evitare errori negli investimenti.
Continua a costruirti
Gli investimenti, come tante altre cose, sono composti. È l'idea di costruire continuamente su se stesso. Pensa a far rotolare una palla di neve: ad ogni singola rotazione la palla di neve aumenta di dimensioni. Ma non aumenta allo stesso ritmo. Ogni tiro aumenta ciò su cui si costruisce la palla di neve. Anche se stai ancora facendo solo un tiro, la palla di neve si compone per darti sempre di più ogni volta.
Il segreto del compounding è davvero molto semplice: è il momento. Più a lungo permetti al compounding di funzionare per te, più grandi e migliori diventeranno i risultati. Quasi il 99% del patrimonio netto di Warren Buffet è arrivato dopo il suo sessantesimo compleanno. Se invece di continuare a investire, semplicemente avesse deciso di smettere, di andare in pensione all'età di 60 anni e vivere una vita agiata, probabilmente nessuno saprebbe veramente chi è.
Costruire qualcosa di grande richiede molto tempo. Ma sai cosa, dovrebbe essere così. Se fosse facile, non ci sarebbe davvero nulla di speciale. L'effetto composto funziona come l'evoluzione: entrambi dipendono da piccoli cambiamenti in un periodo di tempo molto lungo, che si sommano a qualcosa di grande. Che si tratti di investire, di un'abitudine o di apprendimento, per farlo correttamente è necessario fare progressi e basarsi su tali progressi. Se ti senti bloccato o hai la sensazione di non andare da nessuna parte, il progresso che stai cercando potrebbe essere proprio dietro l'angolo.
Guarda l’insieme non il frammento
Non è importante solo ciò che vediamo, ma anche il modo in cui lo percepiamo o lo inquadriamo. È facile lasciarsi prendere dal momento e fare in modo che qualcosa accada proprio adesso, un affare più grande di quello che è. Nel corso della nostra vita, ci siamo trovati in situazioni che sembravano la fine del mondo. Ma guarda, siamo ancora qui.
Fare un passo indietro rispetto a ciò che stiamo vivendo, per valutarlo nella giusta cornice dimensionale, è importante. Essere troppo concentrati sul presente o sul breve termine potrebbe farci sentire giù. Anche se abbiamo fatto progressi significativi lungo il percorso. Un brutto giorno o un brutto evento non è sufficiente per cancellare settimane, mesi o anni di progressi positivi. Se consideri qualcosa come negativo, fai un passo indietro per aumentare le dimensioni del fotogramma fino a quando non sembrerà positivo.
I mercati azionari scendono nel breve termine quasi quanto sono rialzisti, ma più lungo è il nostro arco temporale e più allunghiamo il nostro quadro, migliori saranno i risultati. Storicamente parlando, investire nello S&P 500 per più di 15 anni ha prodotto solo rendimenti positivi. Questo in un periodo di tempo che include: depressioni, guerre mondiali, recessioni, pandemie, alcuni dei peggiori tra i peggiori che l’umanità ha dovuto affrontare. Ricordati di rimpicciolire, di osservare il quadro generale, non solo un piccolo frammento di tempo.
"La disciplina è scegliere tra ciò che vuoi adesso e ciò che desideri di più." - Abraham Lincoln
Uno dei modi più semplici per dare priorità agli investimenti è diventare più connesso al tuo sé futuro. Nel futuro puoi spesso sentirti estraneo al te attuale. Ha senso, pensa a quanto sei cambiato negli ultimi cinque anni. Le versioni passate di noi stessi possono sembrare persone completamente diverse. Ora proiettate la stessa entità del cambiamento nel corso dei decenni andando avanti.
La nostra giornata è piena di decisioni tra il nostro sé attuale e quello futuro. Con le tue finanze, si tratta principalmente di spendere o risparmiare. Parte di ciò che è così difficile è che i nostri cervelli sono programmati per il breve termine. Qualcosa che ci ha aiutato quando eravamo primitivi e le minacce erano ovunque, ma ora è qualcosa che danneggia il nostro pensiero a lungo termine. Ogni giorno prendiamo decisioni tra ciò che vogliamo adesso e ciò che desideriamo di più.
Senza sentirci connessi al nostro sé futuro: come saremo, cosa faremo, cosa sarà importante per lui, è impossibile stabilire delle priorità per lui. È indovinare le priorità per uno sconosciuto. Se puoi prenderti il tempo per capire meglio chi vuoi essere e cosa ti richiederà per arrivarci, avrai una migliore comprensione di ciò a cui devi dare la priorità. E quando devi decidere tra ciò che vuoi adesso e ciò che desideri di più, puoi prendere una decisione più equilibrata.
Costruire contro scommettere
Costruire un’abitudine può richiedere mesi e raccogliere i benefici di quell’abitudine potrebbe richiedere anche di più. A volte, anche una vita intera non è abbastanza lunga. Lo stesso vale con i nostri soldi. Costruire richiede coerenza, disciplina e, soprattutto, pazienza. Spesso la costruzione richiede più tempo di quanto pensiamo. Ogni giorno, partendo dal giorno prima. Confrontando giorno per giorno i progressi sembrano trascurabili, ma se si confrontano mesi, anni o decenni, i progressi sono impossibili da ignorare.
Le scommesse possono offrire una scorciatoia per ciò che vogliamo. Un modo per correre un grosso rischio per ottenere una grande ricompensa. Ma il problema è che le scommesse sono incoerenti. Se qualcuno riesce a vincere una scommessa, è perché: ha avuto ragione o perché ha avuto fortuna? In ogni caso ci sono tantissime variabili, la maggior parte delle quali sono fuori dal nostro controllo. È impossibile replicare costantemente il successo attraverso le scommesse e crea un falso senso di successo quando vinci perché potresti perdere tutto la prossima volta.
Investire con successo significa fare bene le piccole cose, per un tempo molto lungo. Quando parliamo di fare le piccole cose, concentrandoci su ciò che è sotto il nostro controllo, che possiamo replicare a lungo termine, parliamo di costruire. Sforzo calcolato sotto il nostro controllo, che costruisce verso i nostri obiettivi, le cose che desideriamo di più. Non metterti nella posizione di rischiare ciò che hai e di cui hai bisogno, per ciò che non hai e di cui non hai bisogno.
“In teoria, non c’è differenza tra pratica e teoria. In pratica sì”. — Yoghi Berra
Quando tracciamo un piano finanziario, utilizziamo medie storiche leggermente prudenti per un portafoglio. Generalmente assumiamo un tasso di rendimento costante e apportiamo aggiustamenti lungo il percorso. In realtà, i mercati non si comportano mai così. La performance per lo stesso identico portafoglio può variare drasticamente. La differenza tra l’anno migliore e quello peggiore dell’S&P 500 è quasi del 100%.
È importante avere aspettative realistiche perché stabilisce ciò che percepiamo come normale. L'S&P subisce un calo di almeno il 10% in circa 2/3 anni, è molto normale, anche in anni che registrano un enorme guadagno. Se qualcuno ha esperienza solo con i conti deposito, dove l’aspettativa è una piccola crescita senza possibilità di perdita, non appena vede un rendimento negativo nei suoi investimenti, potrebbe dare di matto. Secondo la loro esperienza, è anormale. Ma se le loro aspettative fossero in linea con la realtà, vedrebbero che è normale.
Il nostro successo come investitori non dipende dal nostro rendimento più alto in un anno, ma dal tempo in cui riusciamo a ottenere un rendimento modesto. Ognuno di noi sperimenterà molteplici recessioni nel corso della propria vita, numerosi mercati ribassisti e decine di volte in cui il mercato scende di oltre il 10%. Il trucco è capire che queste cose sono tutte normali. Non richiedono alcun cambiamento correttivo o drastico. Quando sapremo cosa aspettarci, non saremo sorpresi quando ciò accadrà davvero.






