Fame di tassi e vendita di debito

Un buon consulente finanziario negli ultimi 5/10 anni è quello che ti ha spiegato la situazione sul mondo obbligazionario invitandoti ad una maggiore consapevolezza ed evitandoti la più grande distruzione di capitali per i profili a minor rischio/età maggiore.

Nell’ultimo anno abbiamo assistito ad una escalation sui tassi mai successa a causa di una inflazione tornata a ruggire più forte che mai. Mutui alle stelle, costi quotidiani aumentati ma anche rendimenti dei titoli di stato sempre più allettanti.

Con l’arrivo dell’euro sono cambiate tante cose, ma negli ultimi due-tre anni stiamo assistendo a un’inversione di tendenza. L’inflazione, che tra il 2013 e il 2020 si era mantenuta entro il punto percentuale, tanto che ci stavamo quasi dimenticando della sua esistenza, ha rialzato la testa. I motivi ormai li conosciamo tutti. In Italia i prezzi al consumo sono saliti solo nel 2022 dell’11,6%. Una crescita che ha costretto le banche centrali dei principali Paesi sviluppati ad alzare ripetutamente e in modo ravvicinato i tassi di interesse per domare il carovita, come non eravamo più abituati a vedere da tempo.

Oggi il BTP a 10 anni vicino al 5% di rendimento

La storia insegna che i rialzi delle banche centrali trascinano anche i rendimenti dei titoli di Stato. E questa tornata di aumenti non ha fatto eccezione. Basta guardare a quanto è successo nell’Eurozona. Mentre la Banca Centrale Europea effettuava il decimo rialzo di fila portando i tassi al 4,5%, i rendimenti dei titoli di Stato e delle obbligazioni europee prendevano la rincorsa. L’effetto sul BTP italiano a 10 anni è stato fin troppo evidente, con il rendimento che si è avvicinato a grandi passi verso il 5%. Il grafico all’inizio dell’articolo rende l’idea meglio di qualsiasi giro di parole.

Tutto in BTP? Perché non è una buona idea

Cos’è cambiato dal punto di vista dell’investitore che cerca di mettere a frutto i propri risparmi? Il discorso è molto semplice, almeno a prima vista. Fino a un paio di anni fa per ottenere un rendimento vicino al 5% avremmo dovuto correre rischi elevati tra azioni, obbligazioni di bassa qualità e mercati emergenti: adesso è invece possibile investendo i risparmi in un solo titolo, peraltro garantito dallo Stato italiano. Quindi? Vissero tutti felici e contenti grazie al “principe azzurro” BTP? Le cose non stanno proprio così, vediamo perché.

Da inizio anno la Borsa italiana ha segnato un +18%

Innanzitutto, frazionare l’investimento in più strumenti permette di ridurre il rischio complessivo, perché si può contare su diverse fonti di rendimento. Magari oggi è il BTP ad offrire un buon rendimento ma domani potrebbero tornare a far molto bene le azioni, oppure le materie prime o, ancora, l’oro piuttosto che i titoli obbligazionari in valuta estera. A proposito, forse in tanti non se ne sono accorti, ma da inizio anno la Borsa Italiana è in rialzo del 18% e quella americana del 13%, mentre i titoli di stato italiani hanno fatto guadagnare in media solo l’1,6% (indice JPMorgan Italia). Ciò conferma che non si può fare a meno di avere in portafoglio anche azioni e altri investimenti oltre ai BTP.

Rischio di perdita in conto capitale

Ma c’è anche un’altra questione da tenere in considerazione. I BTP non sono immuni all’andamento dei mercati. Una notizia che per qualche “BTP people” può essere sconvolgente, ma riflette la realtà. Gli scenari economici cambiano di continuo e, come abbiamo visto, i tassi sono in movimento. Tassi e rendimenti in rialzo significano, per le obbligazioni in circolazione, valore più basso. Il che significa, per chi ha comprato un BTP, il rischio di incassare meno rispetto al prezzo originario se, per svariati motivi, abbiamo bisogno di recuperare la liquidità prima della scadenza dell’obbligazione. Un po’ quello che è successo, con le dovute proporzioni, alla Silicon Valley Bank lo scorso marzo, quando l’aumento dei tassi Fed ha mandato all’aria i conti della banca, che era piena di titoli governativi americani a lunga scadenza che nel frattempo avevano perso parte del loro valore.

L’all-in non è mai una buona scelta

Il rischio appena descritto si chiama perdita in conto capitale: una situazione che, nel nostro piccolo, non vorremmo mai dover affrontare. Come evitarla? Se proprio vogliamo rimanere con il ragionamento sulle obbligazioni, è bene sapere che esistono soluzioni pensate per una gestione professionale di interi panieri di bond. “Giardinetti” diversificati in obbligazioni, anche in valute estere, con scadenze differenziate e con un variegato profilo di affidabilità degli emittenti (rating). Strumenti quindi molto liquidi, che pur investendo solo in obbligazioni tengono conto dei principi fondamentali della finanza, sono gestiti da team di specialisti che si muovono in un’ottica globale, monitorando tutto il mercato il mercato obbligazionario e le sue evoluzioni.

Pianificazione finanziaria vs improvvisazione

Oggi, per esempio, tra gli economisti e gli strategist c’è chi dice che i tassi di interesse saranno più alti (rispetto a prima) e più a lungo e chi invece è convinto che il picco dei rialzi sia stato toccato, o sia comunque vicino, e prevede una discesa dei tassi. Come sempre non è dato conoscere il futuro, in finanza non esistono questo tipo di certezze, ma sicuramente esiste il buon senso: se la diversificazione è imprescindibile nella costruzione di un portafoglio finanziario, la centralità della componente azionaria è un “must”. Al di là degli alti e bassi fisiologici del mercato, pensare di rinunciare al valore dell’azionario è irrazionale, come dimostra il +18% da inizio anno di cui abbiamo parlato poco fa.
Se pure è comprensibile, quindi, una sorta di corsa ai ripari di fronte alle fiammate di un’inflazione che quasi non ci ricordavamo più esistere, questa rimane una mera soluzione tampone, con tutte le sue inefficienze.
La strategia corretta è la pianificazione finanziaria, strutturata per raggiungere specifici obiettivi collocati su orizzonti temporali definiti, cogliendo tutte le opportunità offerte dai mercati.

Un buon consulente finanziario negli ultimi 5/10 anni è quello che ti ha spiegato la situazione sul mondo obbligazionario invitandoti ad una maggiore consapevolezza ed evitandoti la più grande distruzione di capitali per i profili a minor rischio/età maggiore.

 


risparmio gestito

Occhio ai falsi esperti

Le scelte finanziarie non sono condizionate solo da quello che sappiamo e conosciamo: possono essere influenzate anche dalle conoscenze percepite.

Molti investitori sopravvalutano le proprie conoscenze e competenze e mostrano un’eccessiva fiducia in se stessi, che li espone al rischio di strafare.

https://www.consob.it/documents/11973/287812/rf2022.pdf/cf6f38e9-dbcc-6057-8fff-f56643facdba?t=1674683068756

Ce lo conferma la Consob nel suo Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane (nell'immagine), laddove ci dice che, "in linea con le indagini precedenti, la Survey 2022 coglie tale divario", cosiddetto "mismatch", "sia ex ante, ossia prima che gli intervistati rispondano al questionario sulle nozioni di base, sia ex post, ossia dopo la somministrazione del questionario".

Ex ante, l’11% degli investitori tende a sovrastimare le proprie conoscenze ("upward mismatch"). Ex post, questa fiducia in sé stessi emerge nel 20% degli intervistati. Gli intervistati ritengono di essere superiori alla media specialmente nel controllo del bilancio familiare e nella capacità di risparmio.

Tant'è che mi capita spesso ultimamente di avere molti colloqui con persone che mi seguono, convinte di "sapere" avendo letto questo e quello on-line.

Ecco che senti ormai tutti parlare ti portafogli modello, sceglierne uno da replicare perchè funziona da tempo ma senza farsi le doverose domande per la costruzione di una solida patrimonializzazione personale.

CHE OBIETTIVO HO?

E' COERENTE CON IL TEMPO IN CUI VOGLIO REALIZZARLO?

ma soprattutto, AVREI AVUTO I GIUSTI COMPORTAMENTI SOTTO STRESS?

2000, 2002, 2008 o 2020 sono tappe esperienziali fondamentali, ed i corretti comportamenti adottati hanno prodotto il rendimento medio che si sta mentalmente comprando scegliendo oggi una soluzione basata sul passato. Ma purtroppo l'esperienza di chi le ha vissute con "i propri soldi al fronte" non si può comperare.

Ecco che vedi tutti concentrarsi sul minor costo nel presente (sempre giusto valutare costi/benefici) puntare diritti sugli ETF ( giusto se fatto il giusto uso) ed utilizzarli per fare trading e magari detenere per la propria pensione il più caro P.I.P. o fondo pensione senza la coscienza che quel 4-5% pagato per 40 anni invaliderà tutto il possibile guadagno anche del miglior portafoglio modello comperato on line.


Tetto al debito USA: spavento sventato per i mercati

Non è l’inflazione e neanche il rialzo dei tassi d’interesse il tema su cui vogliamo soffermarci oggi. Strano vero? Sì, perché nelle ultime settimane a tenere banco sui mercati è stato il debito statunitense. Un debito che in vista della scadenza di giugno aveva raggiunto il suo limite prestabilito e che doveva essere rinegoziato. Missione non facile, in un clima politico totalmente diviso fra Congresso e Casa Bianca. Solitamente la rinegoziazione del tetto sul debito è una pratica di routine, ma quando sei un presidente Dem e hai un Congresso diviso con una Camera a maggioranza Repubblicana, le cose non sono proprio così "easy".
Tanto che fino a una manciata di giorni fa il default del governo statunitense sul debito è parso una possibilità concreta. Il Congresso USA non riusciva a decidere su quanto il governo americano potesse prendere in prestito e la mancanza di progressi aveva cominciato a preoccupare gli investitori a ridosso della temuta scadenza di giugno.
Ma tutto è bene quel che finisce bene: dopo settimane di discussioni, l’accordo è stato trovato. Gli Stati Uniti alzeranno il tetto del debito di 31,4 trilioni di dollari, evitando in extremis la minaccia di default e consentendo a Washington di onorare i suoi pagamenti fino all'inizio del 2025.

Perchè si è parlato addirittura di default negli states?

Come abbiamo visto, il "tetto del debito" non è altro che un limite massimo alla quantità di denaro che il governo americano può prendere in prestito per pagare i suoi debiti. Quando questa quantità si avvicina al limite prestabilito, il tetto deve essere rivisto al rialzo attraverso un accordo tra Congresso e Casa Bianca.
Cosa sarebbe successo se non si fosse raggiunto un agreement? Potevamo trovarci davanti a un default sul debito degli Stati Uniti. In poche parole, gli USA non avrebbero potuto pagare gli stipendi federali, le pensioni militari e tutti i creditori, ossia le persone che detengono i suoi titoli di debito.
I titoli del governo degli Stati Uniti sono considerati tra gli investimenti più sicuri al mondo, cosicché lo spauracchio del default ha riacceso non poche perplessità sul ruolo dei titoli di debito nei nostri portafogli. Un ruolo imprescindibile ma che, alla luce di quest’ultimo fatto e dell’andamento degli ultimi anni, forse va riportato alle giuste dimensioni.

Il ruolo di obbligazioni e titoli di stato: parliamone

Il 2022 è stato un anno straordinario per il mercato obbligazionario, ma non in senso positivo. L’indice Bloomberg U.S. Aggregate Bond - una proxy dell’ampio mercato obbligazionario statunitense - ha registrato una perdita del 13% nel 2022, che di per sé non sarebbe così rilevante. Ma visto che molti investitori detengono obbligazioni in quanto asset che dovrebbe rappresentare uno scudo nel momento in cui le azioni scendono, ecco, non è stato questo il caso.
Per la prima volta dal 1969, nel 2022 azionario e obbligazionario hanno subito perdite a due cifre nello stesso anno, come ci dimostra il confronto tra le perdite sofferte dagli investitori in fondi a rischio più contenuto – quindi più esposti all’obbligazionario – e quelle registrate da chi invece ha investito in fondi associati a un grado di rischio più elevato. Il grafico che segue ci fa vedere come, nell’ampio mercato dei fondi multi-asset, il settore a più basso rischio abbia subito perdite di circa il -10% su 12 mesi, un dato in linea con quello del settore a rischio più alto.

Perché le obbligazioni hanno fatto così male nel 2022? I prezzi delle obbligazioni e i tassi di interesse si muovono in direzioni opposte. E tutti sappiamo quello che stanno facendo le banche centrali in questi due anni: la Federal Reserve ha aumentato i tassi come mai aveva fatto negli ultimi 40 anni. Questo ha causato perdite massicce all’interno delle obbligazioni. Un asset generalmente sicuro, ma non necessariamente. Gli investimenti in obbligazioni sono influenzati infatti dai tassi d'interesse, dall’inflazione e dal rating del credito. E se anche per gli USA si è parlato del rischio di default, possiamo immaginare per gli altri Paesi con rating decisamente inferiori. Questo però non significa che non dobbiamo inserirle nei nostri portafogli: significa scegliere con cura e non dare per scontato che parliamo di asset sicuri al 100%.

Nessun asset è risk free

Molti di noi sono cresciuti nell’era della bassa inflazione, il che ha significato sostanzialmente che la correlazione media tra azioni e obbligazioni è stata per lo più negativa. Negli ultimi 20 anni, le obbligazioni hanno quindi rappresentato un efficace diversificatore per le azioni. La situazione però è cambiata lo scorso anno, quando l’inflazione globale ha superato il 10% e l’incertezza sul suo abbattimento è aumentata. Sono così tornate le correlazioni positive degli anni Settanta e le obbligazioni hanno perso il loro valore di diversificatore rispetto alle azioni. Un ruolo, quest’ultimo, che hanno da poco iniziato a riscoprire, in virtù del ritorno sulla scena della correlazione negativa tra azionario e bond.
Le azioni, dal canto loro, rappresentano ancora un’ottima copertura a lungo termine contro l’inflazione grazie al premio al rischio storicamente superiore al tasso d’inflazione. Per gran parte dell’ultimo decennio le azioni hanno superato in scioltezza le obbligazioni, che registravano tassi vicini allo 0% e pochi rendimenti aggiuntivi, i quali si potevano trovare unicamente nei settori più rischiosi del reddito fisso. Questo periodo è stato definito "TINA", ovvero "There Is No Alternative" (non c’è alternativa) al possesso di azioni quando i tassi sono bassi e il rendimento è scarso.
Sebbene oggi, con il ritorno di una più convincente remunerazione nel reddito fisso a breve scadenza e non solo, esistano alcune alternative concrete rispetto agli standard storici, il premio al rischio azionario odierno rimane piuttosto ragionevole anche rispetto alle obbligazioni indicizzate all’inflazione.
Morale della favola? Serve un bel bilanciamento tra bond, equity e altri strumenti scudo. Ecco perché la soluzione è sempre diversificare e basare la costruzione del proprio portafoglio su fondi ben diversificati e costruiti tramite analisi di mercato professionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Cosa è successo ad Aprile sui mercati?

Il mese appena concluso si è caratterizzato per una riduzione dell’inflazione, ma anche per una continua fase di stabilizzazione dei mercati che ancora attendono dei segnali forti confortanti per riprendere la corsa.

Il settore bancario resta ancora il protagonista anche nel mese di aprile. In America la crisi della First Republic, che si aggiunge a quelle della Silicon Valley Bank e della Signature Bank, ha avuto riflessi sui mercati azionari: è stato così anche in Italia, dove i titoli bancari pesano molto sul paniere principale.

Forti i riflettori sulle decisioni delle banche centrali, mentre l’inflazione, che a marzo aveva segnato una robusta frenata in Europa, ad aprile ha cominciato a rialzare la testa. Anche se c’è un aspetto positivo: l’inflazione core, ossia al netto di beni energetici e alimentari, è rimasta stazionaria nel mese.

I principali fatti del mese

  • A seguito di un periodo di calma, negli Stati Uniti è riesplosa la bufera sul settore bancario. Dopo i casi Silicon Valley Bank e Signature Bank, infatti, nella parte finale del mese si è riacutizzata la crisi di First Republic, dopo che l’istituto ha annunciato di aver perso 100 miliardi di dollari di depositi nell’ultimo trimestre. La Federal Deposit Insurance Corporation, quindi, ha deciso di intervenire dopo aver cercato, invano, di trovare una soluzione tra privati. L’agenzia federale ha quindi posto in amministrazione controllata l’istituto e aggiudicato l’asta a Jp Morgan Chase, la più grande banca degli Stati Uniti. La vera domanda che si pongono i mercati, ora, è se quello di First Republic sarà l’ultimo salvataggio oppure se ne saranno necessari altri.

 

  • In Europa, nonostante le perdite in Borsa dei titoli bancari, sono arrivati segnali incoraggianti. Deutsche Bank, per esempio, ha chiuso il trimestre con conti molto robusti. Era un test molto importante, poiché la banca tedesca era stata bersagliata dalle vendite e considerata dal sistema bancario mondiale il prossimo anello debole dopo Credit Suisse.

 

  • Lato macro, negli Stati Uniti la crescita trimestrale è frenata al +1,1%, rallentando più delle previsioni degli analisti, che ora temono una recessione in avvicinamento. In Europa, i dati sul Pil sono stati nel complesso buoni: se da una parte un Paese importante come la Germania ha avuto una flessione dello 0,1%, l’Italia e la Spagna hanno registrato un +0,5% nel trimestre e pure la Francia ha riportato un dato positivo (+0,2%).

 

  • Inflazione in chiaroscuro: nell’Eurozona è tornata a salire al 7% (dal 6,9%). In Italia, il dato aggregato ha fatto segnare un +8,3%, ma la buona notizia è che l’inflazione core è rimasta stabile al +6,3%, senza salire ulteriormente. E in Usa? Meglio: le strette della Fed cominciano a funzionare, con il dato complessivo sceso al 5%, oltre le aspettative al 5,6%.

 

  • In Usa sono arrivati i conti trimestrali delle grandi banche (tutti molto positivi). Bene anche i conti di Meta e di Amazon, nonostante quest’ultima abbia registrato una frenata sul cloud.

 

  • Nel resto del mondo, la crescita cinese va forte e traina i titoli del lusso. Basti pensare che Lvmh è diventata la prima azienda europea a sforare il mezzo miliardo di capitalizzazione di mercato.

Conclusioni

Il mese che si apre offre ancora spunti sui conti trimestrali in Italia: Intesa Sanpaolo li pubblicherà il 5 maggio, UniCredit il 3 maggio. Buoni risultati rafforzerebbero ancora di più la visione di un sistema bancario solido.

Resta ancora l’inflazione il driver del prossimo futuro anche per comprendere la strada che dovranno ancora percorrere le banche centrali.

A distanza ormai di più di 15 mesi, per gli investitori di lungo periodo questo non può che essere un momento adatto per rivisitare la propria pianificazione cercando di comprendere possibili miglioramenti e occasioni per aumentare i rendimenti medi dei propri portafogli.

Per l’investitore prudente e con orizzonti temporale breve/medio se ha preso le giuste decisioni negli anni passati sembra sempre più vicino il ritorno ad una “normalità” o meglio confidenza con l’immaginario italiano di “investimenti a basso rischio” con il ritorno prepotente dei rendimenti sugli asset obbligazionari.


consulente finanziario

Sfatiamo qualche mito

Il rischio è quantificabile

Uno degli argomenti che spesso affronto con colleghi e clienti è l'esasperazione nell'affidarsi ad equazioni matematiche per definire il rischio.

Benchmark, rendimenti aggiustati per il rischio (frontiera efficiente) e profili di rischio possono sicuramente aiutare gli investitori a darsi dei parametri di riferimento per prendere delle decisioni nel presente ma anche per gestire la volatilità del portafoglio nella sua vita futura.

Ma ATTENZIONE!

“Il rischio deriva dal non sapere cosa stai facendo”

Come disse una volta Warren Buffett, se ti siedi su queste certezze rischi di perdere di vista quella piccola percentuale di RISCHIO non calcolabile e che può spiazzarti.

Lo stesso Carl Richards scrisse: “Il rischio è ciò che rimane quando hai pensato a tutto”.

Spesso si parla di intervalli di confidenza nelle simulazioni statistiche, e queste variano tra il 90 e 99% di affidabilità. Tradotto, NESSUN METODO HA SICUREZZA AL 100%.

Quindi penso sia necessario affidarsi a sistemi quantitativi come questi a patto che siano affiancati da una forte componente qualitativa nell'investire che essenzialmente riassumerei nelle 2 domande dell'immagine:

  1. SONO SULLA BUONA STRADA PER RAGGIUNGERTI PER I MIEI OBIETTIVI FINANZIARI?
  2. COME POSSO RIDURRE AL MINIMO LA PROBABILITA’ DI NON RAGGIUNGERLI?

Farsi queste due giuste domande e conoscere saldamente le risposte ti permetteranno di gestire anche il rischio non quantificabile.


Il paradosso dei tassi negativi

Tra “bazooka” del Quantitative Easing (QE) e Long Term refinancing operation (LTRO) fatti dalla BCE ed una politica monetaria mondiale immersa ormai nella fossa, sempre più profonda, dei tassi di deposito negativi applicati alle banche può succedere che i correntisti si ritrovino a dover pagare una commissione per la liquidità in conto. Ma anche di prendere un mutuo oggi e restituire di meno a scadenza.

In Danimarca stanno infatti progettando mutui per l'acquisto di abitazioni a tasso NEGATIVO.

Oggi è questo il contesto finanziario e prima ce se ne rende conto e meglio si può affrontarlo.

C'è anche di più! Oggi prestare denaro ad uno stato "sicuro" fino a 30 anni significa ricevere a scadenza meno denaro. A pochi giorni dal lancio del Bund trentennale a rendimento negativo la situazione globale ci dice che per i titoli di stato delle Nazioni più virtuose non ci sono rendimenti fino a 10 anni considerando anche l'effetto dell'inflazione.

Può sembrare assurdo agli occhi di un risparmiatore lo so, ma questo è il presente.

Fantasticando, ma neanche troppo, si può pensare che riuscendo ad ottenere un prestito a tassi negativi e lasciando semplicemente i soldi sul conto corrente al tasso dello 0%, mi ritrovo alla fine con più soldi di prima (non considerando qui i costi di gestione del conto corrente).

Non è così pero, bisogna sempre fare i conti con l'inflazione. Tralasciando il target del 2% dell'eurozona, ipotizzando una livello più reale dell'1% comunque ci si impoverirebbe nel tempo.

Come tutelarsi quindi?

Abbiamo visto il contesto attuale, abbiamo preso coscienza della realtà ora vediamo come far vivere nel "presente" il vostro patrimonio con alcuni semplici consigli:

  • La giusta liquidità in conto: rimanere liquidi significa perdere potere di acquisto come abbiamo visto. Quindi il giusto per le esigenze reali.
  • Sempre più lungo periodo: più tempo per più rischio e soluzioni conseguentemente più redditizie, ma senza dimenticare i dictat della diversificazione e monitoraggio.
  • Finanziarsi se utile: indebitarsi troppo è errato ma se chiedo un prestito per una buona ragione ed a condizioni favorevoli è giusto farlo per migliorare la propria condizione di vita.
  • Farsi amica la volatilità dei mercati: l'azionario se nel breve per la volatilità che lo caratterizza diventa una "scommessa" , nel medio-lungo termine diventa un potente motore di rendimento con il giusto approccio.