Tech, dati ed NVIDIA


Semisconosciuta a chi? Parliamo di Nvidia, azienda statunitense leader da circa trent’anni nel settore delle schede grafiche, definita nel titolo di un articolo del Corriere della Sera come "azienda semisconosciuta" che ora grazie all’AI "vale mille miliardi". Ne parliamo perché in realtà non era un’azienda così "di nicchia". Negli ultimi decenni, bastava recarsi in uno store a comprare un pc per imbattersi nel nome Nvidia, che infatti possedeva quasi il monopolio delle schede grafiche che li fanno funzionare (con tanto di adesivo grande ben stampato sulla tastiera).
Sì, perché l’azienda in questione è sempre stata leader di mercato nella produzione di schede grafiche, ma forse non era abbastanza per diventare famosa. Ed ecco che però nell’ultimo periodo è passata alla ribalta per investimenti che forse creano più "hype", come quello nell’Intelligenza Artificiale. Questo ci fa capire almeno due cose importanti: attualmente sono le aziende tech che investono nell’Intelligenza Artificiale ad avere i risultati migliori; tutto questo sta nuovamente facendo brillare il settore tech sui mercati azionari.
I dati infatti fotografano un azionario trainato di nuovo dai titoli tecnologici. Il Nasdaq 100 ha battuto il più ampio S&P 500 grazie al ritrovato interesse nell’Artificial Intelligence che ha contribuito ad accendere i fari su nuovi colossi, che, in verità, erano non così sconosciuti agli addetti del settore finanziario.

Effetto Nvidia sul Nasdaq100

Nvidia ha per anni prodotto chip informatici in grado di far girare videogiochi ad alta grafica. Ma diversi anni fa, i ricercatori dell’Intelligenza Artificiale hanno iniziato a utilizzare gli stessi chip per far lavorare i potenti nuovi algoritmi che stavano causando importanti avanzamenti nel campo (vedi Chat GPT). Il boom attuale è avvenuto perché i suoi chip GPU sono particolarmente adatti per elaborare enormi quantità di dati necessari per addestrare programmi di Intelligenza Artificiale all’avanguardia come il PaLM 2 di Google o il GPT4 di OpenAI.
E così Nvidia ha continuato a sviluppare costantemente il suo settore dedicato all’AI negli ultimi anni, e l’ultima esplosione di interesse e investimenti nel settore negli ultimi sei mesi ha potenziato le sue vendite in modo significativo.
Di conseguenza, nel primo trimestre conclusosi il 30 aprile 2023 ha annunciato un fatturato di 7,19 miliardi di dollari, in calo del 13% rispetto a un anno fa ma in crescita del 19% rispetto al trimestre precedente. Soprattutto, una trimestrale accompagnata da previsioni molto buone sulla domanda di chip, proprio per effetto dell’AI. Così buone da spingere la capitalizzazione della multinazionale, inclusa nel Nasdaq 100, verso il traguardo dei 1.000 miliardi. Con il suo +170% da inizio anno, Nvidia è ad oggi la migliore del listino.

Prima ancora di guardare direttamente all’AI, quindi, bisognerebbe concentrarsi sul ruolo dei chip. E con essi i semiconduttori e le aziende che se ne occupano. Della serie, non fermiamoci a guardare il dito, ma puntiamo alla luna. Può sembrare una frase fatta, ma in realtà è un dato di fatto: i semiconduttori (e i chip) sono alla base del funzionamento degli strumenti di AI e sono praticamente il nuovo petrolio.

Semiconduttori. Materiali intermedi tra i conduttori e gli isolanti, vengono utilizzati per la produzione dei chip che equipaggiano smartphone, personal computer, tablet, console di gaming e via dicendo. Chip. Noti anche come circuiti integrati, sono fondamentali per tutte quelle tecnologie che guidano la trasformazione digitale, inclusa l’Intelligenza Artificiale.

Non solo investimenti, c'è anche la geopolitica

Chi c’è nella "OPEC dei semiconduttori"? Taiwan, Cina e Stati Uniti sono i tre Paesi che, come sottolinea l’ISPI in un suo approfondimento, oggi si spartiscono i vari primati: Taiwan nella produzione di semiconduttori, la Cina nella produzione e nell’esportazione di terre rare (essenziali anch’esse per la realizzazione dei vari device della transizione digitale) e gli Stati Uniti nello sviluppo dei software.
Più che alleati, però, qui parliamo di rivali: Stati Uniti e Cina sono infatti le stesse due nazioni che si contendono Taiwan. E non è un caso: Taiwan, letteralmente, svetta in un settore sempre più decisivo.


Previsti investimenti ingenti anche in Europa

Anche l’Europa si attrezza. L’anno scorso gli Stati Uniti hanno adottato il Chips and Science Act, che prevede 39 miliardi di dollari di incentivi per la produzione e 13,2 miliardi di dollari per la ricerca e lo sviluppo. E in continuità con il suo predecessore Trump, il presidente Biden ha proposto Chip 4, un’alleanza con Taiwan, Giappone e Corea del Sud. L’Unione Europea, dal canto suo, non è rimasta a guardare: ha varato infatti il Chips Act, una manovra da 43 miliardi di euro. L’obiettivo è raddoppiare dal 10% al 20% la quota europea nella produzione di semiconduttori a livello mondiale.
Non finisce qui. La Commissione Europea ha anche approvato un pacchetto da 8,1 miliardi di euro destinato agli aiuti di Stato per la produzione di semiconduttori nel Vecchio Continente. Saranno 56 le aziende di diverse dimensioni che vi attingeranno allo scopo di realizzare 68 progetti in 14 Stati membri. Tra questi c’è anche l’Italia, che parteciperà con StMicroelectronics, Memc, Menarini Silicon Biosystems e Siae Microelettronica.
La Commissione UE spera in una sorta di "effetto leva", e cioè che il denaro pubblico porti 13,7 miliardi di euro di investimenti privati, mobilitando così un totale di quasi 22 miliardi di euro da qui al 2032, data nella quale i progetti dovrebbero raggiungere la fase finale. I primi prodotti potrebbero essere disponibili sul mercato già nel 2025.

Semiconduttori, chip e portafogli

Come tutti i grandi topic del momento – ti abbiamo parlato di recente dell’Intelligenza Artificiale e dei veicoli elettrici – anche i semiconduttori costituiscono un tema di investimento. Per il tramite magari di un fondo ben diversificato che segua l’esempio di uno dei grandi indici di settore e investa in un paniere di titoli riconducibili al comparto. E’ sempre bene ricordare, infatti, che la diversificazione è fondamentale: mai mettere tutte le uova in un unico paniere. A maggior ragione, poi, se si parla di innovazione non è semplice comprendere in anticipo chi rivoluzionerà il futuro con un nuovo prodotto o servizio.