I rally di inizio anno: scopriamone di più
Tech ed oro da applausi ma attenzione alle mode
Sapere per evitare sbandate, le basi della consulenza finanziaria
SEMICONDUTTORI, BITCOIN, ORO: OGNI RALLY E' DIVERSO
L'inquietudine diffusa globalmente ha spinto il metallo giallo e le cripto
Fonte: elaborazione AdviseOnly su dati Investing,
performance da gennaio al 7 marzo 2024
Da un po’ di giorni a questa parte, alcune asset class sembrano più ricercate della "spezia" del pianeta Arrakis (vedi "Dune" e "Dune 2"). Da inizio anno al 7 marzo svettano in particolare i semiconduttori e il Bitcoin, in uno dei suoi periodici ritorni alla ribalta, ma in generale le quotazioni sono parse dominate dall’euforia e dall’appetito per il rischio su vari fronti. Per dire: l’S&P 500 ha chiuso il quarto mese positivo di fila, con una crescita del +21,5%. Ma non solo azionario, con il tech e il suo indotto in prima linea e cripto, in evidenza anche l’oro.
Ogni rally ha le sue ragioni: se i semiconduttori beneficiano dell’entusiasmo per le prospettive dell’AI, oro e Bitcoin rispecchiano l’inquietudine diffusa globalmente in questa particolare fase. Fatto sta che l’euforia, sui mercati, tende a propagarsi esponenzialmente. E questo set di rally può far venire la voglia di mettere un po’ di tutto in portafoglio. Il che è strategicamente sbagliato, esattamente come fissarsi su un rally in particolare. Occorre, invece, sforzarsi di mantenere una visione globale e diversificare: del resto, gli sviluppi geopolitici ed economici degli ultimi mesi e anni sono lì a ricordarci, fra le altre cose, l’importanza di una buona diversificazione e di un’allocazione equilibrata.
Il punto è proprio questo: la diversificazione va fatta con metodo e non "tanto per". Insomma, deve esserci una logica, altrimenti vengono meno gli innegabili e comprovati vantaggi
Quanto è bene diversificare?
Il buon senso, ormai lo sappiamo, consiglia di mantenere sempre i nervi saldi e di ripartire i rischi, anche quando l’effetto di questa suddivisione sembra essere contenuto. Ma quanto diversificare? Non esiste, ovviamente, una risposta valida per tutti i portafogli e per tutti gli investitori. Quel che è certo è che i dati ci dicono che l’eccessiva diversificazione rischia di annacquare i risultati di un portafoglio senza però ridurre significativamente il rischio.
Sostanzialmente, possiamo considerare due dati di fatto:
- ogni nuovo investimento che inseriamo in portafoglio ne riduce il profilo di rischio complessivo;
- allo stesso tempo troppe aggiunte, magari anche poco ragionate e fatte sull’onda del rally del momento, comprimono il rendimento atteso senza portare vantaggi apprezzabili in termini di mitigazione del rischio.
E allora, come diversificare? Seguendo alcuni parametri. Fra questi, ha dimostrato di avere una grande utilità la bussola della correlazione. Ma non è tutto semplice come può sembrare a un primo sguardo. Vediamo perché.
Correlazione: abbiamo una sola certezza, ed è che non è scolpita sulla pietra
Diversificare con criterio, quindi, per diversificare bene. In generale, per ottenere una buona diversificazione di portafoglio, è bene far coesistere due attività che abbiano una correlazione negativa (o decorrelazione). Facile, no? No, purtroppo: perché la correlazione non è immutabile.
Si tende a pensare alla correlazione fra due strumenti come all’altezza di una persona adulta, che una volta raggiunta non cambia più per tutta la vita. Ma la correlazione, come concetto, è più assimilabile al peso: può cambiare eccome. Per dire: ecco due asset class sulla cui decorrelazione abbiamo puntato per anni, salvo poi scoprire che non sono decorrelate sempre, nei secoli dei secoli. A volte si muovono nella stessa, medesima, direzione.
AZIONARIO VS. OBBLIGAZIONARIO:
LA CORRELAZIONE CAMBIA NEL TEMPO
Dati dal marzo 2014 al marzo 2024
Fonte: S&P Dow Jones Indices, divisione di S&P Global
E la prova ce la offre il portafoglio 60/40, composto al 60% da azioni e al 40% da obbligazioni: da circa due anni questo oramai consolidato approccio all’allocazione di portafoglio è un po’ sull’ottovolante, penalizzato nel 2022 a causa dell’inflazione e del conseguente rialzo dei tassi da parte delle banche centrali, più o meno in recupero dalla prima metà del 2023. E adesso? Le ragioni per detenere un portafoglio 60/40 possono ancora essere valide, consapevoli però che la situazione può evolvere e cambiare.
Per una diversificazione migliore è necessario conoscere la correlazione nel tempo
Possiamo quindi dire che per costruire un portafoglio bilanciato è necessario analizzare gli strumenti e la loro correlazione nel tempo, in modo da ottenere di volta in volta una diversificazione efficace. Questa strategia consente di proteggere il portafoglio dalle turbolenze dei mercati, cogliendo però al contempo le opportunità che si presentano, e che si confermano particolarmente interessanti proprio nell’azionario.
RENDIMENTI REALI ANNUALIZZATI IN DOLLARI USA E
PREMI DI RISCHIO (%) Mondo ex-USA, periodo 1900-2023
Fonte: UBS Global Investment Returns Yearbook: Summary Edition 2024.
Tutti i rendimenti includono i redditi reinvestiti, sono adeguati per l’inflazione e sono espressi come rendimenti medi geometrici.
Se la correlazione fosse immutabile, sarebbe semplice. Ma poiché muta, ci vogliono analisi dettagliate e conoscenze di mercato approfondite per ottimizzare la diversificazione di portafoglio anche nell’attuale fase storica.
Analisi di una recessione scampata nel 2024
La crescita economica globale, misurata dal PIL, tende a raggiungere una media del 3% nel lungo periodo. Quest’anno è prevista una crescita globale inferiore alla media del 2,5% (vedi grafico seguente) dopo il 3,1% nel 2023. Istituzioni come il FMI sono più ottimiste, stimando il 3,1% per il 2024 e il 3,2% per il 2025.
La “mappa termica” di seguito mostra l’evoluzione della crescita economica nelle maggiori economie del mondo. La crescita del PIL nel 2023 è stata più debole rispetto al 2021, in particolare in Europa e in alcune parti del mondo emergente.
Facciamo spesso riferimento agli indici dei responsabili degli acquisti (o PMI) come indicatori anticipatori della crescita delle aziende manifatturiere e dei servizi. Il PMI composito (che è una media ponderata delle condizioni del settore manifatturiero e dei servizi) ha ripreso una tendenza al rialzo dalla fine del 2023 (vedere il grafico seguente), con condizioni migliori sia per le imprese manifatturiere che per quelle dei servizi, un segnale positivo per la crescita globale e non in linea con una flessione generale.
Gli Stati Uniti rimarranno a prova di recessione?
La forza dell’economia statunitense è spesso un barometro per il resto del mondo attraverso il dato della domanda, essendo la più grande economia del mondo, e quello dei mercati finanziari, con molti dei principali mercati azionari, valutari e a reddito fisso che prendono il comando dagli Stati Uniti.
La forza dell’economia statunitense nel 2023, nonostante l’inasprimento dei tassi di interesse dall’inizio del 2022, è stata sorprendente. La crescita del PIL nel trimestre di dicembre del 2023 è stata del 3,3% annualizzato e le attuali aspettative per il trimestre di marzo di quest’anno si attestano al 3,4%. La spesa per consumi è stata la componente più forte della crescita, con contributi positivi provenienti dalla spesa pubblica e dagli investimenti delle imprese private, mentre le esportazioni nette e le scorte hanno penalizzato la crescita.
Nonostante questa forza, c’è ancora una moderata possibilità di una recessione negli Stati Uniti nel 2024, secondo alcuni indicatori anticipatori come la curva dei rendimenti invertita, i nuovi ordini ISM, alcune misure della fiducia dei consumatori e gli standard di prestito.
Il mercato del lavoro si sta indebolendo, con gli annunci di lavoro in calo e il tasso di disoccupazione in aumento (anche se è ancora basso rispetto alla storia).
L’inflazione è scesa al 3,1% su base annua e riteniamo che raggiungerà il 2,5% entro dicembre, poiché la crescita salariale si modera e contribuisce a ridurre l’inflazione dei servizi, il che dovrebbe consentire alla Federal Reserve americana di tagliare i tassi di interesse entro la metà del 2024. Prevediamo che la crescita del PIL rallenterà all’1,4% nel corso dell’anno fino a dicembre, ben al di sotto dei livelli del 2023, ma non del tutto coerente con una recessione, il che è positivo per la crescita degli utili statunitensi e per il mercato azionario.
L’economia dell’Eurozona dovrà lottare senza tagli dei tassi
La crescita del PIL dell’Eurozona è aumentata di poco nell’ultimo anno, con una crescita del PIL che alla fine del 2023 sarà pari solo allo 0,1% su base annua. La debolezza è evidente in Germania, Francia e Italia, mentre la Spagna continua a resistere (si veda il grafico seguente).
La crescita dell’Eurozona ha sofferto del rallentamento della produzione globale e del calo delle importazioni cinesi, che hanno pesato sulle esportazioni nette dell’Eurozona. L’inflazione è scesa al 2,8% nel corso dell’anno fino a gennaio (secondo l’IPC principale), in calo rispetto al suo massimo ciclico del 10,6% nell’ottobre 2022. Riteniamo che il contesto di scarsa crescita e il progresso dell’inflazione spingeranno la Banca Centrale Europea a iniziare a tagliare i tassi di interesse verso la metà dell’anno, o poco prima. Un miglioramento delle condizioni manifatturiere globali nel 2024 (secondo il PMI) e i tagli dei tassi dovrebbero portare la crescita dell’Eurozona allo 0,9% nel 2024, in miglioramento rispetto allo scorso anno.
La Cina ha bisogno di maggiori stimoli... ma potrebbe non ottenerli
L’economia cinese si trova ad affrontare numerosi ostacoli simultanei alla crescita. I lunghi lockdown legati al COVID-19 hanno avuto un forte impatto negativo sulla spesa dei consumatori (in particolare per i servizi), che deve ancora riprendersi completamente, il mercato immobiliare deve fare i conti con un eccesso di stock immobiliare, investimenti eccessivi e problemi con i costruttori, l’invecchiamento della popolazione ha ridotto la forza lavoro la produttività e la partecipazione e le azioni cinesi sono scese di oltre il 40% rispetto ai massimi del 2021, il che è negativo per la fiducia dei consumatori poiché molti cinesi utilizzano il mercato azionario come investimento (in assenza di un sistema pensionistico).
Riflettendo le condizioni di crescita debole, i prezzi al consumo cinesi sono in deflazione al -0,8% su base annua fino a gennaio (vedere il grafico seguente), il che pesa sugli utili aziendali, sui salari delle famiglie e deprime il sentiment.
I politici hanno concentrato le misure di stimolo sulla riduzione dei costi di finanziamento, sull’aumento delle emissioni di obbligazioni societarie e su programmi infrastrutturali mirati.
Ma, senza ulteriori misure di allentamento monetario e fiscale (in particolare affinché le famiglie aumentino la fiducia e incoraggino la spesa anziché il risparmio), la crescita cinese rimarrà contenuta. Prevediamo una crescita del PIL pari a circa il 4,6% nel 2024 e al 3% nel prossimo decennio. Si tratta di un tasso molto più basso di quello a cui il mondo era abituato, dato che la Cina cresceva a circa il 10% tra il 2006 e il 2010, anche se, dato che l’economia cinese è ora più del doppio di quella di allora, c’è ancora un vantaggio positivo e positivo. contributo considerevole alla crescita globale e alla domanda di materie prime (che è importante per l’Australia).
Quando inizierà il Giappone a inasprire la sua politica monetaria?
La Banca del Giappone è l’ultima grande banca centrale a non aver inasprito la politica monetaria nel periodo post-COVID. L’attuale tasso ufficiale è al -0,1% e i tassi di interesse oscillano tra il -0,1% e lo 0,5% dalla fine degli anni ’90. I bassi tassi di interesse rispetto ai concorrenti globali hanno visto lo yen giapponese deprezzarsi di oltre il 30% dal 2022. Tuttavia, la pressione sulla Banca del Giappone sta aumentando affinché inizi a inasprire la politica monetaria.
La Banca del Giappone ha già allentato il suo obiettivo di controllo della curva dei rendimenti sui rendimenti obbligazionari e il prossimo passo sarà quello di rimuovere completamente il controllo dei rendimenti prima di aumentare eventualmente i tassi di interesse. L’inflazione complessiva dei prezzi al consumo è pari al 2,6% su base annua fino a dicembre 2023 e al 2,8% per l’inflazione core (che esclude cibo ed energia).
Tuttavia, la difficoltà storica del Giappone nel sollevare e sostenere l’inflazione e le aspettative di inflazione e i recenti scarsi risultati in termini di crescita del PIL (che hanno visto la crescita del PIL crollare nei trimestri di settembre e dicembre 2023, il che significa una recessione tecnica) significano che la Banca del Giappone procederà con cautela nell’aumentare i tassi e quest’anno sono probabili solo 10-20 punti base di rialzi dei tassi.
Implicazioni per gli investitori dal consulente finanziario
Il 2024 sarà probabilmente un anno di crescita più lenta del PIL in tutto il mondo, ma una recessione globale è improbabile. Si tratta quindi di una buona notizia per gli utili globali e i mercati azionari, e prevediamo che le azioni globali registreranno rendimenti positivi intorno al 7% nel 2024. Un ulteriore calo dell’inflazione globale consentirà a numerose banche centrali globali di iniziare a tagliare i tassi di interesse entro la fine dell’anno, il che aprirà la strada a una crescita globale più forte nel 2025.
La geopolitica è sempre importante per gli investitori, ma nel 2024 ciò potrebbe avere ancora più importanza poiché circa il 50% della popolazione mondiale avrà un’elezione. Le elezioni causano incertezza e potenziali cambiamenti che probabilmente determineranno ulteriore volatilità nei mercati azionari. Le elezioni presidenziali statunitensi di novembre rappresentano un importante evento di rischio sia per gli Stati Uniti che per il mondo, soprattutto a causa del potenziale impatto delle elezioni sulla politica fiscale statunitense (e su come ciò si traduce in rendimenti obbligazionari) e sulla politica commerciale statunitense (soprattutto per quanto riguarda in Cina).
Le questioni geopolitiche spesso causano anche sconvolgimenti nei prezzi delle materie prime e nei costi di trasporto globali, che incidono sull’inflazione. Anche un secondo aumento dell’inflazione o un’inflazione persistentemente elevata rappresentano un rischio per le economie sviluppate nel 2024, il che ritarderebbe l’inizio dei tagli dei tassi di interesse da parte delle banche centrali.
Lettera agli investitori di fine anno
Crescita, inflazione, tassi, debito pubblico: anche il 2024 si preannuncia un anno pieno di sfide. Tuttavia, la tanto temuta recessione non è arrivata nel 2023 e lo scenario base per il prossimo anno (e per il 2025) è quello di un rallentamento della crescita e dell’inflazione e di una moderazione dei tassi d’interesse.
Il 2023 è stato l’anno della recessione più telegrafata: a lungo temuta, non si è poi materializzata. Anzi, il 2023 sarà ricordato come un anno spettacolare per l’economia a stelle e strisce. Ma va sottolineato come lo storytelling sulla crescita sia molto cambiato da inizio anno. Nel giro di soli nove mesi, le view di Wall Street sono passate da una narrazione di recessione negli Stati Uniti a una narrazione di “soft landing”, cioé di un rallentamento del tasso di crescita dell’economia.
Come ogni anno aspettative e previsioni hanno vacillato subendo continui aggiustamenti e rimodellamenti. Tutto normale, se si considera il mercato un essere vivo e pieno di incognite nel breve termine.
Inflazione, debito e lavoro
Sono 3 i temi che hanno caratterizzato il 2023 e che hanno trainato i mercati facendo si che anche in Europa venisse scongiurata la recessione.
L’inflazione è soprattutto un rischio per l’Eurozona, maggiormente esposta alle pressioni inflazionistiche, lato energia e lato salari. A livello mondiale, l’inflazione core è in discesa dopo i livelli elevati degli ultimi due anni (tranne che in Giappone, dove – in controtendenza – sta salendo). In Cina è in rallentamento da due anni. Per il 2024 parecchi gestori prevedono un’inflazione in rallentamento sia negli Stati Uniti che nell’Eurozona.
Per l’Italia le previsioni prevedono una crescita piatta nel 2024 seguita da uno striminzito +0,5% nel 2025. Il nuovo scenario “higher for longer” significa che il costo del debito pubblico aumenta. “Il dato è deludente innanzitutto perché vorrebbe dire che l’Italia torna ad essere il fanalino di coda dei maggiori paesi dell’Eurozona e poi lo è ancor di più nel contesto dei grandi finanziamenti Next Generation EU”, commenta Tentori di AXA IM.
Inoltre, aggiunge l’economista di AXA IM, “questo rallentamento dell’inflazione e della crescita si sposa male con i rendimenti del BTp che restano alti, andando così ad appesantire ulteriormente il bilancio pubblico”. La crescita piatta e l’avanzo primario negativo sono dei rischi per il nostro.
L’aumento del debito pubblico è un problema anche per gli Stati Uniti: basta guardare la traiettoria (grafico sotto) in aumento del debito pubblico detenuto dalle famiglie americane e dalle banche.
Congressional Budget Office e AXA IM Research, giugno 2023.
Il mercato del lavoro negli Stati Uniti si è mostrato resiliente ed è stata la variabile che ha cambiato le carte in tavola perché ha sostenuto i consumi degli americani, contrariamente a ogni aspettativa. L’inflazione salariale è soprattutto un rischio in Eurozona, dove pure il mercato del lavoro ha mostrato resilienza, ma è molto diverso da quello statunitense.
Un 2024 all’insegna delle elezioni
A livello geopolitico, le elezioni per la presidenza degli Stati Uniti a novembre si profilano come l’evento globale più atteso e importante. Tuttavia, queste elezioni si inseriscono all’interno di un calendario politico che si preannuncia molto fitto. Infatti, nel mondo più di due miliardi di elettori verranno chiamati alle urne.
JPM ce ne fa uno spaccato grafico molto interessante:
Quali sono i possibili scenari quindi?
Riprendendo l’outlook di JPM andiamo incontro a 4 possibili situazioni:
Ma ATTENZIONE! Stiamo parlando di scenari e non di previsioni su cui basare i rimodulare i propri investimenti. Queste informazioni vengono utilizzate dagli investitori più evoluti SOLO per avere dei differenti punti di vista e su cui spesso mi confronto con i miei clienti perché come dico sempre a tutti “sapere aiuta a non sbagliare”.
Ma allora come investire per il 2024?
Visto il contesto, le opportunità per gli investitori non mancheranno, a cominciare dai mercati del reddito fisso. Ma vi saranno opportunità anche nell’azionario, perché una politica monetaria meno restrittiva dovrebbe migliorare le condizioni per la crescita del capitale, e soprattutto eliminare quella fonte d’incertezza che ha spesso innervosito gli investitori negli ultimi due anni.
La scelta migliore è sempre mantenere lo zoccolo duro della propria pianificazione se stai già investendo e magari sfruttando la situazione con la liquidità extra che devi sempre detenere. Se, invece, il tuo buon proposito per il 2024 è di iniziare ad INVESTIRE per il TU del domai in maniera efficiente ecco il punto di partenza dai mercati di oggi.
Considerati i tassi d’interesse a breve termine ai livelli massimi dal 2008, è facile concordare con l’idea che la liquidità appaia allettante. Se gli investitori possono ottenere il 4-5% senza rischiare di perdere il capitale, perché investire in azioni? E visto che le obbligazioni a lungo termine non offrono un rendimento addizionale, perché assumere un maggiore rischio di tasso d’interesse?
Le risposte giuste stanno sempre nelle due domande che devi sempre farti prima di investire:
- Perché sto investendo?
- Per quanto tempo lo vorrò fare?
Il tempo resta la variabile cardine per il successo dei tuoi investimenti. Infatti, in base agli anni che dovrai utilizzare il mercato per rendimenti extra, si deve costruire il giusto mix tra liquidità, bond ed azioni.
Oggi le obbligazioni ci riportano agli anni 2000 con rendimenti interessanti e per certo dopo il picco dei tassi sovraperformano la liquidità.
Maggiore è il tuo orizzonte temporale e superiori sono le opportunità dell’azionario
In conclusione, bisogna sempre sfruttare i vari motori di performance in maniera intelligente e scientifica poi mercato e pazienza faranno tutto il resto.